Capolarato, arresti nel Chianti

Di Redazione | 14 Ottobre 2016 alle 10:20

Capolarato, arresti nel Chianti

Undici custodie cautelari nel Chianti

Da anni approfittavano di chi ha bisogno di lavorare ma non ha un permesso di soggiorno, di chi fugge dalla guerra ed e’ in attesa di una risposta alla sua richiesta di asilo. Persone che cercano di avere qualche soldo in tasca, disposte per questo a lavorare 15 ore al giorno, per 4/5 euro l’ora. Era proprio un’organizzazione criminale, guidata da italiani e da un gruppo di pakistani, quella scoperta dalla procura di Prato che ha coordinato una complessa indagine sul caporalato nelle vigne, ma non solo, e che ha portato all’esecuzione di 11 misure cautelari: cinque persone sono finite agli arresti domiciliari (tra loro tre amministratori dell’azienda agricola Coli spa di Tavarnelle Val di Pesa, in provincia di Firenze) e sei hanno l’obbligo di dimora. In alcuni casi le aziende si fidavano di chi procurava loro il personale, senza sapere che si trattava di ‘caporalato’. E’ il caso di Sting che, come hanno scoperto gli investigatori (Polizia, Gdf, Forestali e Polstrada, coordinati dal sostituto procuratore Antonio Sangermano), aveva avuto diversi lavoratori nella sua azienda (tra Firenze, Siena e Arezzo). La nota star, che vive a Figline Valdarno, nel Fiorentino, “era all’oscuro di tutto”. L’ipotesi di reato per i cinque ai domiciliari (tra loro Giacomo, Filippo e Giampiero Coli) e’ “associazione a delinquere finalizzata all’acquisizione di manodopera clandestina”. Le accuse, a vario titolo, sono di intermediazione illecita nel reclutamento di cittadini extracomunitari, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, interramento di rifiuti speciali, emissione di fatture false, ostacolo alle indagini e frode in esercizio del commercio. 13 le perquisizioni eseguite in Toscana ma anche nelle province di Modena e Perugia.

Le indagini, partite nella primavera 2015 dopo la denuncia di due extracomunitari alla polizia di Prato, hanno permesso di appurare che tra il 2011 e il 2016 sono stati coinvolti decine e decine di immigrati mandati dall’organizzazione a lavorare nel Chianti, nei terreni della Coli spa, (i cui amministratori erano “protagonisti e mandanti del sistema di reclutamento”, ha spiegato il procuratore capo Giuseppe Nicolosi). In almeno un caso sarebbe stato nascosto anche un incidente sul lavoro che sarebbe stato spacciato come incidente domestico. Tra l’altro i Coli avrebbero anche usato uva proveniente da altre regioni italiane per produrre il loro Chianti, mentre la Forestale avrebbe scoperto che gli scarti della lavorazione non sempre venivano smaltiti legalmente. Sempre gli amministratori dell’azienda agricola avrebbero ingaggiato tre ‘faccendieri’ per cercare di convincere Tariq Sikander, il pakistano che guidava con loro l’organizzazione criminale e che era stato arrestato nella primavera scorsa, a non coinvolgerli. L’avvocato Corrado Quaglierini, che assiste insieme ad altri due legali i Coli, al momento, ha preferito non rilasciare dichiarazioni, in attesa di vedere tutte le carte dell’inchiesta. L’operazione ‘Numbar dar’ di Prato si e’ conclusa in una giornata particolare quella in cui, come ha sottolineato il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, “finalmente approda nell’aula della Camera il disegno di legge sul caporalato. La prossima settimana Montecitorio ha l’opportunita’ di approvare definitivamente questa legge e di scrivere una nuova giusta pagina a sostegno della dignita’ del lavoro, dei lavoratori e dell’imprenditoria italiana che produce nella legalita’.



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