Don Bechi: "Il Vescovo ha esercitato la sua funzione a difesa della fede secolare"

Di Redazione | 16 Agosto 2018 alle 13:15

Don Bechi: "Il Vescovo ha esercitato la sua funzione a difesa della fede secolare"

Il commento del direttore ufficio arte sacra e beni culturali Arcidiocesi di Siena-Colle-Montalcino sul caso della benedizione rifiutata al Drappellone

Mancata benedizione del Drappellone, la posizione Don Andrea Bechi
Direttore Ufficio Arte Sacra e Beni Culturali
Arcidiocesi di Siena – Colle di Val d’Elsa – Montalcino.

“Il gesto del Vescovo ha fatto scalpore: perché non benedire il Palio, il cencio ambito premio della carriera corsa in onore di Maria Santissima Assunta in cielo?
Si tratta semplicemente di un capriccio o c’è una motivazione seria alla radice di tale decisione?
Anzitutto, cos’è una benedizione? È una forma di preghiera, fatta con parole e gesti, con la quale si loda Dio e gli si chiede grazia, protezione e liberazione dal male; perciò i protagonisti della benedizione sono sempre l’essere umano e Dio. Può anche entrare in gioco un terzo fattore, come un luogo o un oggetto, il quale viene benedetto tenendo presenti gli uomini che operano in quel luogo o usano l’oggetto, che sono sempre i destinatari ultimi della grazia divina.
In particolare può essere benedetta un’immagine sacra perché sia oggetto di devozione, in modo che attraverso di essa si venerino Cristo o la Madonna o i santi, e così i fedeli crescano spiritualmente. Questo fatto, che a noi occidentali sembra del tutto normale, è in realtà un fenomeno del tutto caratteristico del cristianesimo tra le grandi religioni che adorano l’unico Dio. Infatti a musulmani ed ebrei l’assoluta trascendenza e alterità di Dio rispetto al mondo vietano qualunque raffigurazione del sacro, che sarebbe un sacrilegio. Invece il fatto che Dio si sia fatto carne in Gesù Cristo ha dato ai cristiani la possibilità di raffigurare il Figlio di Dio nelle sue fattezze umane, così come sua madre, la Madre di Dio. In realtà questa possibilità non è stata accolta del tutto pacificamente ed è stata a lungo discussa, specie nell’oriente cristiano. Per gli occidentali decisiva è stata la presa di posizione del Papa S. Gregorio Magno, il quale affermò che la pittura è un mezzo di comunicazione della fede valido tanto quanto la scrittura. In ragione di questo, nella Chiesa si è sviluppata nei secoli una straordinaria tradizione artistica, che ha visto un continuo avvicendarsi di stili e varianti culturali.
Costante, però, è sempre stata la convinzione che le immagini di Cristo, della Madonna e dei Santi dovessero in qualche modo corrispondere al contenuto delle fede, che si nutre di segni e simboli. Si è pertanto sviluppato un delicato dialogo tra autorità ecclesiastica ed artisti che ha contemperato libertà espressiva e tutela delle verità di fede, non senza momenti di tensione.
Il compito preciso di un Vescovo nella Chiesa è proprio quello di custodire l’integrità della fede. Non è difficile intuire come una Madonna che tiene in braccio un cavallo piuttosto che un bambino, il Figlio di Dio incarnato, ponga una seria questione su quello a cui crediamo. Maria è la donna che ha messo al mondo il Salvatore, e che in tale immagine lo mette davanti ai fedeli perché lo adorino.
Pertanto, di fronte ad una raffigurazione così diversa, il Vescovo ha esercitato la sua funzione a difesa della fede secolare di S. Caterina e S. Bernardino, di S. Bernardo Tolomei e S. Ansano, del popolo di Siena che ha costruito il Duomo e il S. Maria della Scala e che anima la vita della Contrade e della Città. È chiaro che un intervento nell’ambito di un’immagine artistica è opinabile, ma ha posto in campo una questione su un elemento fondante della festa del Palio, la fede, che credo meriti di essere trattata da tutti gli attori che cooperano alla vita della città con un’attenta e pacata riflessione”.

 

 



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