Siena, botta e risposta fra la vittima del presunto stupro e Portanova. La studentessa: "Vogliono affossarmi", il calciatore: "Cerchi solo mediaticità"

Non si consuma solo in tribunale il caso Portanova. A rubare la scena questa volta sono lettere e post sui social

Di Simona Sassetti | 31 Marzo 2023 alle 15:40

Non si consuma solo dentro le aule di un tribunale il caso del presunto stupro di gruppo che vede coinvolto il giocatore del Genoa Manolo Portanova (già condannato in primo grado a 6 anni di reclusione e in attesa del processo di appello) ai danni di una giovane di Siena. A rubare la scena questa volta sono lettere e post sui social. “Oltre a ciò che ho dovuto subire nella notte fra il 30 e il 31 maggio 2021- scrive la ragazza nella sua lettera – , mi ritrovo oggi di fronte a qualcuno che tenta di affossare la mia persona e di mettermi in cattiva luce. Purtroppo oltre ad un tribunale giudiziario ne esiste anche uno mediatico e sociale, molto crudele, del quale con sincerità posso affermare che siamo vittime tutti. Non sono stata io a voler dare clamore a questa orribile vicenda. Però il fatto sta nel voler portare alla luce la verità. Negli ultimi anni ho scoperto di avere tanti nomignoli: Chiara, Sara, Claudia, Marta, ‘quella di Portanova’, ‘sicuramente una poco di buono’, ‘la stuprata’ e chi più ne ha più ne metta. Ho scelto di scrivere, una scelta un po’ tarda potreste pensare … ma sapete, non è mai facile esprimere se stessi e il proprio dolore quando si è in mezzo ad una burrasca giudiziaria”.

Il giocatore del Genoa, con il padre Daniele e al difensore Gabriele Bordoni, il 10 marzo, lette le motivazioni della sentenza aveva convocato una conferenza stampa per raccontare la sua verità, rompendo il silenzio. “Soffro per ciò che leggo e sento. Ho il diritto di tornare a giocare. Posso dimostrare che certe prove non sono state guardate, se ne occupa il mio avvocato”, disse Portanova.  E così la ragazza (assistita dall’avvocato Jacopo Meini e che ha al suo fianco anche ‘Donna Chiama Donna’ attraverso il legale Claudia Bini) nella lettera risponde anche alle parole espresse dal giocatore di fronte alla stampa. Fra le carte messe sul tavolo dalla difesa di Portanova, infatti, c’è anche il racconto della 22enne alla psicologa,  simile a quello di una giovane violentata negli Usa nel 2015. “Credete davvero –  risponde la studentessa –  che il tribunale avrebbe dovuto assolvervi perché, mesi dopo i fatti, ho fatto mie le parole della lettera scritta da una ragazza americana violentata da un atleta? Delle tante che ho scritto alla psicologa, si tratta dell’unica lettera non interamente mia, una lettera a me a cuore perché in quella ragazza ho rivisto me stessa, lo stesso dolore e ho voluto riportarlo all’interno di un mio scritto quando ancora non trovavo parole mie per esprimere l’orrore che vivevo. Non era certo un segreto, quella lettera famosa: ne hanno discusso in tribunale i miei avvocati e il giudice ne ha tenuto conto”.

Non si è fatta attendere la risposta da parte del calciatore, che si è sfogato sui suoi profili social. “Questa mattina ho avuto modo di leggere per mezzo stampa una lettera firmata dalla controparte, non c’è nulla di male nell’ammettere “di aver copiato il dolore”, non c’è nulla di male nel non dirlo- scrive Portanova -.  Ammesso e concesso che il dolore di una persona possa essere similare a quello di un’altra tanto da ‘prenderne in prestito’ le parole ai fini di una deposizione – prosegue il calciatore – non riesco a comprendere il motivo per cui non si è mai fatto cenno alla vicenda della ragazza americana fin quando il mio legale, attraverso un lavoro scrupoloso e attento, ha smascherato questa abile opera di copiatura. Ciò detto, mi sorgono dei dubbi, anche legittimi: se non si fosse effettuato un lavoro così accurato si sarebbe mai pervenuti ad associare la versione con quella della reale vittima americana?”. “Hanno usato tanti nomi per tutelarti – conclude Portanova – ma le tue storie sui social son sembrate subito esplicite, non per il like, non per le condivisioni, semplicemente perché in un momento come questo la tua priorità è stata quella di farti dei selfie inquadrando il bracciale dell’ospedale e associandolo ai giornali che scrivevano il mio nome. È tutto normale, chiunque avesse voluto evitare la mediaticità si sarebbe comportato esattamente così”.

Simona Sassetti

Nasce a Siena nel 1991, lavora a Siena Tv dal 2016. Ha scritto prima sul Corriere di Siena, poi su La Nazione. Va pazza per i cantanti indie, gli Alt-J, poi Guccini, Battiato, gli hamburger vegani, le verdure in pinzimonio. È allergica ai maschilismi casuali. Le diverte la politica e parlarne. Ama il volley. Nel 2004 ha vinto uno di quei premi giornalistici sezione giovani e nel 2011 ha deciso di diventarlo



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