Centro massaggi cinese a luci rosse con "tessera fedeltà": in aula la testimonianza di un cliente

Di Redazione | 28 Febbraio 2019 alle 14:03

Centro massaggi cinese a luci rosse con "tessera fedeltà": in aula la testimonianza di un cliente

Nove gli imputati, per tre l’accusa è di sfruttamento della prostituzione: due ex massaggiatrici saranno ascoltate nella prossima udienza

Continua la fase dibattimentale del processo, iniziato nel 2016, sulle attività del centro massaggi cinese a luci rosse di viale Europa (la parallela di Viale Toselli) scoperto nel 2014 dai carabinieri del comando di Siena. Il procedimento vede coinvolte 9 persone, di cui 3 accusate di favoreggiamento, sfruttamento e induzione alla prostituzione: oggi in aula al tribunale di Siena dinanzi al collegio giudicante presieduto dal presidente Ottavio Mosti è stato ascoltato un testimone che nel giorno della retata dei militari dell’Arma si stava intrattenendo con una delle ragazze. Una deposizione  che ha a un certo punto ha imbarazzato il collegio, in quanto l’uomo, incalzato dal pm Siro De Flammineis, non ha confermato – per motivi di salute che avrebbero minato la memoria – quanto riferito e sottoscritto alle forze dell’ordine nel dicembre 2014, affermando di essere stato trovato invece ancora vestito e non a conoscenza della pratica delle prestazioni hot del centro massaggi. Il procedimento riprenderà il 4 aprile con l’ascolto di due delle 9 ragazze cinesi imputate, audizione che avrà il supporto di un interprete.

L’inchiesta partì nel 2014, coordinata dall’allora sostituto procuratore Giuseppe Grosso: venne alla luce un giro molto ampio, che coinvolgeva anche altri due centri sempre a Siena, con guadagni stimati di 4mila euro al giorno e una particolare “tessera fedeltà” che dopo un tot di “trattamenti” ne faceva scattare uno gratuito. Le prestazioni, che comprendevano massaggi particolari e bagni in vasca idromassaggio, variavano da un minimo di 30 a un massimo di 120 euro e prevedevano anche la compagnia di due ragazze contemporaneamente. Le ragazze, quasi tutte clandestine e provenienti da zone molte povere della Cina, si prostituivano non con la violenza ma dietro promessa di un permesso di soggiorno, ottenuto il quale si dimettevano. Il posto di lavoro era utilizzato dalle stesse anche come dormitorio nonostante le condizioni fatiscenti dei locali.

Claudio Coli



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