Sembrava una storia di sfruttamento della prostituzione e violenza, quella che aveva sconvolto la tranquilla provincia pistoiese: due uomini, oggi trentottenni e trentanovenni, di origine albanese e residenti da tempo a Colle Val d’Elsa in provincia di Siena, accusati di aver reclutato tre giovani donne – un’italiana, una albanese e una rumena – per avviarle alla prostituzione lungo la via Pratese ad Agliana. Le accuse, gravi e dettagliate, avevano portato anni fa a pesanti condanne in primo grado, sulla base di una denuncia raccolta dalla Polizia di Stato nel 2013.
Ma la storia, iniziata tra dicembre 2012 e settembre 2013, si è chiusa con un verdetto completamente diverso. La Corte d’Appello di Firenze ha infatti assolto entrambi gli imputati “perché il fatto non sussiste”, ribaltando la sentenza del Tribunale di Pistoia che li aveva condannati rispettivamente a quattro anni di carcere uno e quattro anni e mezzo l’altro accusato anche di furto.
La vicenda era nata dalla querela di una delle presunte vittime, una donna albanese che aveva raccontato di essere stata adescata nel suo paese con la promessa di un lavoro in Italia, per poi ritrovarsi costretta sulla strada. Una denuncia articolata e minuziosa, ma che, come ha sottolineato la difesa, rappresentava l’unico vero elemento dell’accusa: nessuna delle donne coinvolte – né la denunciante, né le altre due – si è mai presentata a testimoniare in tribunale. Perfino la presunta parte lesa è rimasta irreperibile per anni, rintracciata solo successivamente a Brescia, dove continuava l’attività di prostituzione senza più alcun contatto con gli imputati.
L’avvocato Manfredi Biotti (nella foto) del foro di Siena, che ha difeso entrambi gli uomini, ha sempre contestato la mancanza di confronto processuale: “Il procedimento si è fondato esclusivamente sulle dichiarazioni raccolte dalla polizia, senza mai la possibilità di un contraddittorio in aula”, ha ribadito nel ricorso in Appello. Le sommarie informazioni, raccolte durante le indagini e acquisite dal Tribunale nonostante l’opposizione della difesa, non sono bastate per confermare le condanne. La Corte d’Appello, accogliendo la tesi difensiva e richiamandosi ai più recenti indirizzi della Cassazione in materia di diritto di difesa, ha quindi annullato tutte le imputazioni: nessuna prova concreta, nessun reato accertato.
Dopo oltre dieci anni, il caso delle “ombre sulla via Pratese” si chiude così, dissolvendosi tra lacune investigative e incertezze processuali. Un epilogo inaspettato, che restituisce libertà e dignità agli imputati e lascia aperti ancora molti interrogativi su una vicenda che aveva scosso, e diviso, sia la comunità pistoiese sia quella valdelsa.
Andrea Bianchi Sugarelli