La Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di David Rossi ha ascoltato Filippo Petrini, dipendente del Monte dei Paschi di Siena, per chiarire i contenuti della mail inviata a Rossi alle 11:57 di quel 6 marzo 2013. “Ho scritto quella mail per fare un po’ il punto della situazione interna – ha spiegato Petrini –. L’obiettivo era rasserenare l’area, perché c’era molta ansia, e nello stesso tempo segnalare alcuni aspetti organizzativi che avevano bisogno di essere chiariti”.
Nel messaggio, ha raccontato l’audito, c’erano tre punti precisi: “Il primo riguardava un collega che aveva già condiviso con alcune persone la sua intenzione di cambiare struttura: chiedevo di capire come gestire lo spostamento – ha spiegato – . Il secondo era su una collega “un po’ troppo preoccupata”, che con la sua agitazione stava alimentando tensione. Il terzo, più personale, era per sapere come stava Antonella, la moglie di David, che in quel periodo era malata di polmonite. Volevo solo – ha aggiunto – agganciarlo per parlare di queste cose di persona, magari organizzare una riunione di area per tranquillizzare tutti, perché il clima era pesante. Nei giornali passava di tutto, e anche chi lavorava alla comunicazione finiva travolto da quel flusso”.
Petrini ha confermato che Rossi rispose “dopo quattro minuti”. “La sua replica fu immediata – ha detto – ma si soffermò solo su uno dei punti, quello legato alle voci interne. Scrisse: “Cos’è, il solito instabile di mente mette in giro ancora voci?”. Mi colpì la rapidità della risposta, ma poi non ci siamo più sentiti. Non ci fu nessun seguito, né telefonate né colloqui: andai a vedere se fosse in ufficio, ma non c’era. Pensai che avremmo ripreso l’argomento più avanti”.
Interrogato sul tono della mail, che ai commissari è apparso “da pari a pari”, Petrini ha chiarito: “Il tono perentorio nasceva solo dal tipo di rapporto che avevamo costruito nel tempo: un rapporto confidenziale, ma sempre professionale. Rossi era un dirigente, io un addetto. Però avevamo un modo di parlarci diretto, anche ironico e “alla senese”. Se avessi potuto, gliel’avrei detto a voce, con la stessa schiettezza. Quella mail è semplicemente il surrogato di una chiacchierata davanti alla macchinetta del caffè”. Petrini ha aggiunto: “David era ironico e sarcastico, un uomo che riusciva a sdrammatizzare anche nei momenti più difficili. Era il suo modo di comunicare. Io ho usato lo stesso registro, perché era quello che avevamo sempre condiviso”.
L’audito ha inoltre ricostruito in modo dettagliato l’ambiente lavorativo tra il 2012 e il 2013: “In quel periodo – ha spiegato – il Monte dei Paschi stava vivendo un terremoto reputazionale e organizzativo. Erano arrivati nuovi vertici, si parlava di riduzioni, di uscite anticipate di dirigenti, di esternalizzazioni: cose mai viste prima. Tutti avevamo addosso un senso di incertezza. La comunicazione era coinvolta in pieno, perché la reputazione della banca era diventata la nostra missione quotidiana. L’ansia era palpabile – ha detto ancora –. C’era chi temeva per il proprio posto, chi non sapeva più chi avrebbe avuto come capo, chi viveva male la pressione dei media. Io cercavo di tenere l’ufficio unito, ma serviva anche la parola del responsabile per rassicurare tutti. Quella mail nasce da lì”.
L’area, ha ricordato Petrini, contava “circa cinquanta persone, divise tra Pubblicità e relazioni con i media, che comprendeva anche l’ufficio stampa, e Sponsorizzazioni. La comunicazione interna era appena passata sotto le Risorse Umane, una scelta coerente con la sua natura di strumento di dialogo con i dipendenti”.
Rispondendo alle domande sui ritmi quotidiani di Rossi, Petrini ha raccontato che negli ultimi tempi “era molto impegnato, praticamente inavvicinabile”.
“Lavorava a stretto contatto con i vertici su temi reputazionali delicati – ha spiegato – . Anche quando era fisicamente in ufficio, non sempre era possibile parlargli. Si percepiva una tensione generale, ma nessuno avrebbe mai immaginato quello che sarebbe successo la sera del 6 marzo. Io ero a casa, con la mia famiglia, davanti alla televisione. A un certo punto su Sky passò la notizia in sovrimpressione. Rimasi di sasso. La mia prima reazione fu pensare che David, nella sua testa, avesse maturato un gesto estremo”. Poi ha aggiunto: “In questi tredici anni ho visto opinioni di ogni tipo, ma le opinioni restano tali: ci sono le istituzioni per indagare e arrivare alla verità”.
La prima parte dell’audizione si è svolta in seduta libera, con Petrini che ha risposto per oltre un’ora alle domande dei commissari.
Al termine, il presidente Vinci ha proposto di passare in seduta segreta “per puntualizzare alcune circostanze e nominativi e per ottenere risposte più secche”.
“Non c’è stata nessuna volontà di allargare il campo – ha concluso Petrini –. Ho solo cercato di spiegare in che contesto quella mail nacque: un contesto umano e professionale difficile, in cui la comunicazione era diventata un presidio fondamentale per la sopravvivenza stessa della banca”.