Sono da settimane il volto simbolo della lotta per il lavoro ed i loro erano gli interventi più attesi in consiglio comunale. E le aspettative non hanno disatteso le speranze. Di fronte ad istituzioni e parti politiche hanno battuto i pugni, seppur figurativamente, su quegli scranni, hanno ricordato ogni fase di una vertenza che dura da settimane, hanno ribadito l’importanza del settore manufatturiero per il tessuto economico del territorio, hanno chiesto, soprattutto, di dismettere le casacche politiche per indossare la pettorina simbolo della lotta. Quella che più di altro fa capire che 299 non è solo un numero.
“Dal 1 gennaio 2026 non possiamo permetterci di lasciare 299 persone a 900 – 1.000 euro al mese a zero ore in cassa integrazione, significa non riprendere più al lavoro – ha detto Giuseppe Cesarano della Fim Cisl di Siena -. Stiamo chiedendo alla multinazionale la possibilità di continuare ancora a produrre, ed è complicato, un’integrazione sulla cassa integrazione per portare a casa uno stipendio decente. Chiediamo poi un incentivo all’esodo, io lo chiamo risarcimento danni, e l’azienda ha detto che già ci sono da parte. Vogliamo che la Beko lasci il territorio di Siena quando, insieme a noi e insieme al Ministro nazionale, ha trovato un soggetto sul territorio che prova a fare impresa”.
“A noi non interessano casacche politiche, a noi interessa che si lavori tutti insieme per risolvere questa emergenza – ha aggiunto Massimo Martini della Uilm Uil di Siena -. Vogliamo dare certezze ai lavoratori, che ci sia una reindustrializzazione vera che possa dare continuità lavorativa. Non ci arrendiamo, oggi siamo qui, domani saremo in presidio davanti all’azienda e continueremo nella nostra lotta, siamo quelli che non mollano mai”.
“Vi ringrazio per non averci mai lasciati soli che è importantissimo per andare avanti giorno per giorno – ha detto Stefano Borgogni Rsu Fiom Cgil Siena -. Continuiamo così e portiamo a casa una soluzione per queste 299 famiglie”.