Un luogo della memoria che guarda al futuro. Con emozione e orgoglio, la Contrada della Chiocciola ha inaugurato il suo nuovo Archivio Storico, al termine di un impegnativo intervento di recupero che ha trasformato alcuni ambienti nel cuore del rione in un centro documentale moderno, funzionale e aperto alla consultazione. Una vera e propria “casa della memoria”, pensata non solo per i contradaioli, ma per tutti coloro che studiano e amano la storia di Siena.
“L’archivio nasce da un’esigenza sentita da anni – ha spiegato il Priore Marco Grandi – quella di dare un luogo adatto e prezioso ai nostri documenti più importanti. Qui custodiamo la nostra identità, ciò che ci è stato tramandato. È giusto che questi materiali abbiano una cornice all’altezza, dove non solo siano conservati, ma anche valorizzati e accessibili”.

L’Archivio si articola in due spaziose sale caratterizzate dai suggestivi soffitti a volta in mattoni e dotate di tecnologie all’avanguardia per la conservazione e lo studio dei materiali. Si accede da via delle Sperandie o direttamente dal Museo di Contrada, a testimonianza di una progettazione che ha voluto mantenere forte il legame tra tutte le sedi che custodiscono la storia della Chiocciola.
A guidare la progettazione è stata l’architetta Lucia Lungarella, addetta ai Beni Immobili della Chiocciola, insieme a Moreno Rinaldi e Claudia Betti.
“L’idea è nata dal desiderio di valorizzare il contenitore in base alla preziosità del contenuto – racconta Lungarella – e di collocarlo in un punto che unisse sede operativa e museo. I locali ci parlavano già da soli: li abbiamo riqualificati, arredati, illuminati con cura, pensando anche agli esterni. La vetrina racconta quel che c’è dentro e invita alla riflessione. È un luogo per camminare, rallentare, osservare. Abbiamo voluto restituire anche dignità pedonale a via delle Sperandie, oggi troppo spesso considerata solo carrabile”.

Ma l’Archivio non è solo bellezza architettonica: è anche una sfida digitale. Giorgio Prosperi, archivista della Contrada, ha evidenziato la natura “ibrida” del progetto: “Un archivio oggi non è più solo cartaceo. Abbiamo documenti che partono dal Seicento, che stiamo digitalizzando per proteggerli e renderli fruibili senza danneggiarli. Abbiamo anche una grande raccolta fotografica, di proprietà e donata: ogni foto è un frammento di memoria che aiuta i più giovani a conoscere il passato e gli anziani a riviverlo“.
Non un magazzino chiuso, quindi, ma un luogo in continuo aggiornamento: “Fin da subito ho detto che l’archivio non può essere un deposito – continua Prosperi -. Deve parlare ai contradaioli, deve essere vissuto. Questo inverno abbiamo lavorato in gruppo, giovani e meno giovani insieme: partivamo da un documento e finivamo a raccontarci storie, come se fossimo in Società davanti a un bicchiere di vino. È questo il senso profondo dell’archivio: tenere vivo il racconto“.
