L’accoglienza s’impara tra i banchi di scuola e dall’intuito e dalla creatività dei ragazzi un luogo abbandonato, simbolo di degrado, può diventare esempio di inclusione. Ed ecco che quell’accoglienza, allora, andrebbe appresa anche fuori dall’aula, oltre gli stereotipi di persone trattate come numeri o oggetti da spostare da un luogo all’altro, da un letto di fortuna all’altro, da un parcheggio all’altro. Ed ecco allora che dagli studenti si dovrebbe imparare.
E’ il caso di alcuni ragazzi del Liceo Artistico Duccio di Buoninsegna, freschi di diploma e futuri architetti, che al termine di un percorso di service learning hanno unito cittadinanza attiva e solidarietà anche grazie ad un confronto con l’associazione Refugees Welcome ed hanno progettato centri di accoglienza in luoghi abbandonati come l’ex caserma dei Vigili del Fuoco o l’ex stazione Leopolda.
“Il messaggio è quello di cercare di essere più inclusivi possibile e di dare modo a tutti di poter usufruire di servizi che sono anche dei bisogni primari – spiega Lola Marin -. Quindi che sia una casa, che sia un posto dove stare, si tratta proprio di trattare gli esseri umani come persone, quindi di accoglierli al meglio possibile e di cercare semplicemente di unirci come comunità”.
“Il messaggio è l’inclusione, ovviamente, ma anche il fatto di poter avere edifici anche di un certo valore storico o modernizzati e riutilizzati per poter dare un’ospitalità migliore a queste persone racconta Oliver Tenore -. Si renderebbe questa città ancora più inclusiva di quanto possa già essere”.
Il messaggio è chiaro, e se loro l’hanno appreso tra i banchi, adesso sarebbe compito di ciascuno di noi farci dare lezione d’inclusione.