Giornata contro la violenza sulle donne, la psicoterapeuta Berti smonta il mito del patriarcato: “Non è nei geni, è nella cultura”

Educazione sessuo-affettiva, rispetto reciproco e responsabilità condivisa: “Il DNA non c’entra, la parità si costruisce”

Di Lorenzo Agnelli | 25 Novembre 2025 alle 12:00

Giornata contro la violenza sulle donne, la psicoterapeuta Berti smonta il mito del patriarcato: “Non è nei geni, è nella cultura”

Una rivoluzione culturale che parta dal rispetto reciproco, dall’educazione dei più giovani e da una corresponsabilità tra uomini e donne nel contrasto alla violenza di genere. È il messaggio lanciato da Tania Berti, psicoterapeuta del centro antiviolenza Artemisia, intervenuta in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

Berti sottolinea come, nonostante i progressi, il ruolo delle donne nella società continui a essere spesso sottostimato, con ricadute evidenti sulla sfera economica, sociale e relazionale. “Dobbiamo partire da una rivoluzione culturale – spiega –. Serve promuovere una cultura diversa, e credo che sia giunto il momento in cui anche noi donne abbiamo bisogno del supporto degli uomini: un percorso condiviso, che ci aiuti a contrastare la violenza di genere e costruire relazioni paritarie, tanto sul piano ideale quanto su quello dei diritti”.

Il nodo dell’educazione sessuo-affettiva

Uno dei punti che la psicoterapeuta ritiene più urgenti riguarda la prevenzione, soprattutto tra le nuove generazioni. “Bisognerebbe intervenire nelle scuole – afferma – educando all’affettività e alla relazione. È lì che si costruiscono le basi del rispetto reciproco. E invece, troppo spesso, questo tipo di educazione viene osteggiato o non considerato una priorità. Occorrerebbe dare spazio a un percorso serio, continuativo, che aiuti ragazze e ragazzi a sviluppare consapevolezza emotiva e competenze relazionali”.

Secondo Berti, infatti, molti comportamenti violenti, possessivi o svalutanti affondano le radici in modelli culturali assorbiti fin da piccoli, normalizzati nel contesto familiare, sociale o mediatico: solo un lavoro educativo mirato può interrompere questo schema.

La polemica dopo le parole del ministro Nordio

Alla psicoterapeuta è stato chiesto anche un commento sulla recente dichiarazione del ministro della Giustizia Carlo Nordio, secondo cui “nel codice genetico dell’uomo c’è una resistenza alla parità dei sessi”. Una frase che ha suscitato reazioni in tutto il Paese.

Berti sceglie un approccio netto, ma ancorato al piano scientifico:
Il DNA non definisce i concetti culturali del vivere comune. La parità, il rispetto, la capacità di riconoscere l’altro come uguale non sono iscritti nei geni, ma sono costruzioni culturali. Ed è proprio per questo che possiamo e dobbiamo cambiarle”.

Per la psicoterapeuta, il problema vero non sta nella biologia, ma nella cultura. Ed è qui che si inserisce la necessità urgente di programmi educativi e preventivi: “Parlare di genetica rischia di deresponsabilizzare. Invece questo è un momento fondamentale per agire sul piano sociale: partire dalle scuole, investire nell’educazione, dare ai giovani gli strumenti per riconoscere e interrompere dinamiche di controllo e di sopraffazione”.

Un cambiamento possibile

La strada è lunga, riconosce Berti, ma non impossibile. “Dobbiamo mettere in atto un processo di cambiamento che coinvolga tutti. Solo così possiamo sperare in una società in cui le donne non siano più costrette a lottare per diritti che dovrebbero essere scontati e in cui la violenza, in ogni sua forma, non trovi più terreno fertile”.

Lorenzo Agnelli

Giornalista pubblicista iscritto all'ordine dal 2020. Esperienza nel ruolo prima come corrispondente locale dalla Val d'Orcia e poi all’interno della redazione di Radio Siena Tv. Prendere parte alle discussioni e conoscere a fondo i fatti sono stati i fattori scatenanti della sua personale passione verso il giornalismo, concentrandosi principalmente sui fatti di cronaca che riguardano la collettività, come la politica e le sue incoerenze, materie da spiegare e rendere accessibili a tutti. Ama la città in cui lavora, Siena, e la sua terra, la Val d’Orcia, luogo capace di offrire bellezza paesaggistica ma anche umana, difficile da spiegare, ma che non si stanca mai di raccontare.



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