L’Istat ha reso noti nei giorni scorsi i dati territoriali dell’inflazione di settembre, in base ai quali l’Unione Nazionale Consumatori ha stilato la classifica delle città più care d’Italia, in termini di aumento del costo della vita. Con un’inflazione tendenziale del +2,9%, Siena è al primo posto con una spesa aggiuntiva di 784 euro per una famiglia media, seguita sul podio Bolzano con +730 euro, e Belluno con +652.
La cosa più semplice da fare, come dimostrano i tanti commenti apparsi sui social, è dare la colpa agli esercenti che hanno aumentato i prezzi. Ma non si può ridurre tutto a questo, come spiega il direttore di Confcommercio Siena Daniele Pracchia: “E’ una semplificazione anche un po’ strumentale del fenomeno e sarebbe interessante anche capire quali sono i vari parametri che sono stati utilizzati per comprendere fino in fondo il risultato di questa inflazione. E’ facile indicare l’ultimo anello della catena quando in realtà la dinamica dei prezzi nasce dalla produzione e poi ci sono tutti i costi connessi alla logistica e al trasporto. Il fatto che Siena abbia vie di comunicazione complesse incide sui costi indiretti che gravano sui prodotti. Questa non vuole essere una giustificazione, ma semplicemente un richiamo ad una serietà di analisi dei dati: sarebbe bene che quando escono queste classifiche bisognerebbe che fossero indicati anche i parametri utilizzati per fare i calcoli. Se poi a questo aggiungiamo per esempio che a Siena gli affitti sono mediamente molto più costosi rispetto anche a città più grandi, è ovvio che questo poi si riflette sul prezzo finale dei prodotti”.