Feste in arrivo, ma non solo regali sotto l’albero di Natale. Come ogni anno insieme all’atmosfera natalizia entra nel vivo anche la stagione influenzale, che sta già trattenendo a letto molti italiani e con le cene dei prossimi giorni i numeri sono destinati ad aumentare, anche se il picco è previsto per metà gennaio. “I contatti interpersonali, come quelli tra nonni e nipoti, sono correlati a un maggior rischio di trasmissione dei virus respiratori, spiega Mauro Tumbarello, direttore Malattia Infettive Aou senese. Questo non significa però che il picco dell’influenza coincida con le festività: il picco viene definito solo alla fine della stagione epidemica. L’anno scorso, ad esempio, analizzando i dati a inizio aprile, si è stabilito che il momento di massima diffusione era stato intorno a metà gennaio. È verosimile che anche quest’anno si collochi nello stesso periodo, magari con una settimana di anticipo o di ritardo. Sicuramente siamo già in una fase di forte crescita dei contagi. Ci sono stati circa 800mila casi nell’ultima settimana, secondo i dati presentati dall’Istituto Superiore di Sanità, diffusi venerdì 19 dicembre”.
E’ la variante K del virus influenzale a far parlare in queste settimane, i sintomi sono simili agli scorsi anni, ma con un’importante contagiosità. “Si tratta di un sottotipo di un virus influenzale classico, l’H3N2, che conosciamo da molto tempo. È una variante molto contagiosa che, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, non sembra però essere più aggressiva. Per quanto riguarda la sintomatologia, l’influenza esordisce con febbre alta, tosse, raffreddore e dolori osteoarticolari. Quest’anno si osservano anche sintomi gastrointestinali e, forse, una durata leggermente più lunga della malattia”.
Fondamentale resta il vaccino soprattutto per le categorie a rischio, dove i dati degli scorsi anni parlano di importanti risultati. “La campagna vaccinale è iniziata da tempo e siamo ancora in tempo per vaccinarsi, anche se sarebbe stato preferibile farlo a novembre. La copertura vaccinale richiede circa un paio di settimane per essere efficace e riduce nettamente il rischio di ospedalizzazione e di forme gravi. Un dato su tutti: lo scorso anno, a livello nazionale, l’80% delle persone ricoverate in terapia intensiva per influenza non era vaccinato. È una lezione che dovremmo aver imparato da tempo”.