La caccia in battuta spezza i legami sociali del cinghiale: lo studio dell'Università di Siena sul Journal of Applied Ecology

Oltre 1,3 milioni di dati GPS rivelano che la caccia collettiva altera la coesione dei gruppi familiari. L’Università di Siena nel team europeo che lancia un alert per gestione faunistica ed emergenze sanitarie

Di Redazione | 19 Dicembre 2025 alle 10:00

La caccia in battuta spezza i legami sociali del cinghiale: lo studio dell'Università di Siena sul Journal of Applied Ecology

La caccia in battuta non è neutrale per il cinghiale: ne modifica in profondità i comportamenti sociali, frammentando i gruppi familiari e riducendo i contatti tra individui. A dirlo è una ricerca europea pubblicata sulla prestigiosa Journal of Applied Ecology, che porta anche la firma dell’Università degli Studi di Siena con il dottor Niccolò Fattorini del Dipartimento di Scienze della Vita e del National Biodiversity Future Center (NBFC).

Lo studio, coordinato da Tomasz Podgórski della Czech University of Life Sciences Prague e condotto da un team di 21 ricercatori, ha analizzato in modo sistematico gli effetti delle diverse strategie venatorie su una delle specie di ungulati più diffuse al mondo. I numeri sono imponenti: oltre 1,3 milioni di localizzazioni GPS, raccolte da 248 cinghiali monitorati in 21 popolazioni europee.

Il cuore della ricerca è chiaro. “Ci siamo chiesti come le differenti modalità di caccia influenzassero la struttura delle relazioni sociali del cinghiale, una specie altamente sociale, basata su gruppi familiari stabili”, spiega Fattorini. Ed è proprio qui che emerge la frattura: la caccia collettiva, in particolare la caccia in battuta, riduce in modo significativo i contatti sociali all’interno dei gruppi. Dopo le battute, i cinghiali trascorrono meno tempo insieme, si allontanano gli uni dagli altri e mostrano una perdita, seppur temporanea, di coesione.

Una disgregazione che ha una causa precisa: l’elevato disturbo prodotto da numerosi cacciatori e cani che spingono gli animali su ampie porzioni di territorio, spezzando l’assetto dei nuclei familiari. Scenario opposto per la caccia in solitaria, che non produce effetti comparabili: in questo caso, la frequenza dei contatti sociali resta simile a quella osservata in assenza di attività venatoria.

Le implicazioni vanno ben oltre l’etologia. “Le relazioni sociali negli ungulati influenzano la trasmissione di informazioni, la sopravvivenza dei piccoli, la ricerca del cibo e la diffusione delle malattie – sottolinea Fattorini -. Un punto cruciale in una fase storica segnata dalla minaccia della peste suina africana, che rende la comprensione dei contatti tra individui un tassello decisivo per la gestione faunistica e la tutela degli allevamenti”.

Non solo. La ricerca valida un indicatore chiave: la condivisione dello spazio all’interno dei gruppi familiari, misurabile tramite GPS, si dimostra un eccellente predittore della frequenza dei contatti tra cinghiali. Un risultato che apre nuove prospettive per il monitoraggio in ambito gestionale ed epidemiologico.

Il messaggio che arriva da Siena e dal team europeo è netto: come si caccia conta, e le scelte di gestione incidono direttamente sull’equilibrio sociale della fauna selvatica. Un dato scientifico che chiama in causa politiche, strategie e responsabilità.



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