"Minacciava di buttarmi dalla finestra": tre ore di drammatica testimonianza in aula

Donna davanti ai giudici di Siena racconta anni di maltrattamenti e umiliazioni. Il processo prosegue a gennaio.

Di Redazione | 19 Dicembre 2025 alle 7:45

"Minacciava di buttarmi dalla finestra": tre ore di drammatica testimonianza in aula
È la seconda udienza in tribunale per la vicenda che vede protagonista una donna di origini straniere, residente con la famiglia nel Comune di Sovicille, che ha denunciato il marito per presunti maltrattamenti. Ieri mattina, è stata ascoltata davanti al Collegio presieduto dal dottor Fabio Frangini, affiancato dal giudice dottor Alessandro Maria Solivetti Flacchi e con il dottor Francesco Picardi, proprio da ieri in servizio al tribunale di Siena. In aula anche il sostituto procuratore Niccolò Ludovici – che l’ha interrogata mentre, più volte, la donna ha pianto dietro al paravento che la separava dal marito – e l’avvocato di parte civile Claudia Bini.
La deposizione è durata quasi tre ore. In questo lungo tempo, la donna ha risposto a numerose domande del pm e della parte civile, ma soprattutto si è confrontata con il controinterrogatorio dell’avvocato della difesa Massimiliano Fanti, che ha chiesto chiarimenti su alcune contraddizioni emerse nella sua versione dei fatti.
Nel racconto, la donna ha ripercorso una lunga storia fatta di controllo economico, umiliazioni e insulti. Ha spiegato di aver tentato più volte di andare via, ma di essere sempre rimasta, spinta dal desiderio di tenere unita la famiglia. Dopo il matrimonio e la nascita del figlio, il rapporto sarebbe peggiorato: “Mi chiedeva soldi anche per andare in vacanza. Se lui metteva 500 euro, dovevo farlo pure io, anche quando non lavoravo”, ha detto.
Il quadro familiare si sarebbe ulteriormente aggravato dal 2021, quando il marito ha perso il lavoro: “Pagavo tutto io”, ha raccontato la donna, che ha sottolineato come i problemi fossero anche di natura psicologica. “Non mi faceva guidare, non voleva comprarmi una macchina. Secondo lui, una donna non era in grado di farlo. Uscivo poco perché mi vergognavo dei suoi atteggiamenti, e secondo lui le donne che uscivano da sole non erano rispettabili”.
La pressione psicologica sarebbe stata costante, fatta di parole pesanti e insulti, anche davanti al figlio o in presenza di amici e parenti. “Spesso mi chiudevo in casa dopo le sue offese”, ha continuato. Non sono mancati episodi di paura: “Minacciava di buttarmi dalla finestra durante le discussioni. Le offese erano quasi quotidiane”. Anche il figlio sarebbe stato bersaglio di insulti e umiliazioni, con il clima familiare che si faceva sempre più teso.
Alla domanda su cosa l’avesse tenuta legata a questa situazione, la risposta è stata breve: “Ero innamorata”.
Dopo anni di sopportazione, nel maggio 2024 la donna ha sporto querela e un mese dopo ha lasciato la casa di famiglia. In aula ha raccontato di aver registrato discussioni e minacce, consegnandole alle autorità. Tuttavia, su richiesta del figlio che le chiedeva di non “mandare il padre in galera”, ha poi ritirato la querela, nella speranza di un cambiamento mai arrivato. Oggi vive da sola, confidandosi solo con poche persone di fiducia.
Il processo per maltrattamenti proseguirà a gennaio, quando verranno ascoltati nuovi testimoni.


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