Morte David Rossi, Miceli: “Lesioni al torace e al fegato, non da caduta. David è stato picchiato”

Il legale di moglie e figlia: “Si parla apertamente di omicidio. E per l’omicidio la Procura può e deve muoversi d’ufficio, senza aspettare un’istanza”.

Di Simona Sassetti | 19 Dicembre 2025 alle 17:30

“La lesione al fegato non è una lesione da precipitazione. È una lesione da aggressione”. L’avvocato Carmelo Miceli, legale della moglie e della figlia di David Rossi, parte da qui: dal corpo, dalle ferite, dalla medicina legale. Una lesione “orizzontale, anteriore”, accompagnata da “un vistoso ematoma sul fianco destro”, che secondo il legale “non può in alcun modo essere ricondotta alla caduta”. Miceli è netto: “David Rossi è stato colpito prima di essere messo fuori dalla finestra”. Una violenza tale da tramortirlo. “Colpire il fegato in quel modo significa sapere dove colpire”, spiega. “È un colpo tipico di chi ha dimestichezza con la violenza”. Questa aggressione spiegherebbe lo stato di stordimento e la successiva dinamica: “Una persona tramortita, presa e sorretta da due persone, una per ciascun braccio”. Miceli richiama poi il lavoro del professor Francesco Introna: “Aveva già scritto nel 2022 che quelle erano lesioni da afferramento. Oggi i RIS e il medico legale della Commissione confermano tutto”.

Su quelli che saranno i prossimi sviluppi, Miceli lo dice chiaramente: “Le indagini devono farle le Procure, i processi i tribunali”. E aggiunge: “È singolare che certe verità emergano da una Commissione parlamentare. Ma guardiamo il bicchiere mezzo pieno”. Oggi, sottolinea, “si parla apertamente di omicidio”. E questo, per la famiglia, cambia tutto. “Non serve un’istanza per l’omicidio. Servono atti concreti”. Ed è proprio su questo che Miceli chiude con un passaggio chiave: “Quando si parla di omicidio non è che qualcuno debba chiedere di riaprire. L’omicidio non necessita di un’istanza: la Procura può e deve procedere d’ufficio, perché gli elementi nuovi, scientifici e oggettivi che oggi emergono rendono superata l’ipotesi del suicidio”. L’auspicio finale è chiaro: “Sapere che, mentre parliamo, la Procura di Siena sta già lavorando. Sarebbe il segnale che aspettavamo da anni”.

Simona Sassetti

Nasce a Siena nel 1991, lavora a Siena Tv dal 2016. Ha scritto prima sul Corriere di Siena, poi su La Nazione. Va pazza per i cantanti indie, gli Alt-J, poi Guccini, Battiato, gli hamburger vegani, le verdure in pinzimonio. È allergica ai maschilismi casuali. Le diverte la politica e parlarne. Ama il volley. Nel 2004 ha vinto uno di quei premi giornalistici sezione giovani e nel 2011 ha deciso di diventarlo



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