Mps ha chiuso i primi nove mesi dell’anno con una perdita di 360 milioni di euro, a fronte dell’utile di 388 milioni realizzato nello stesso periodo del 2021. Il risultato, si legge in una nota, sconta 925 milioni di euro di costi di ristrutturazione legati all’uscita di oltre 4 mila dipendenti. Al netto di questa posta, i nove mesi si chiuderebbero con un utili per 565 milioni di euro, grazie a un utile ante imposte di 150 milioni di euro e un positivo impatto delle tasse per 415 milioni, legato alla rivalutazione delle imposte fiscali differite (Dta).
Nei primi nove mesi dell’anno i ricavi di Mps si sono mantenuti sostanzialmente stabili a 2.284 milioni di euro (-0,5% sullo stesso periodo del 2021), grazie alla spinta del margine di interesse (+15,7% a 1.039,7 milioni), che beneficia del rialzo dei tassi e di un minor costo della raccolta, mentre le commissioni scendono del 5% a 1.055,3 milioni di euro e il risultato della gestione finanziaria si dimezza a 137,7 milioni. Stabili anche i costi operativi (+0,3%) a 1,59 miliardi di euro mentre le rettifiche su crediti balzano dai 27,7 milioni del 2021 a 320 milioni di euro, che scontano gli effetti delle cessioni di crediti deteriorati nonché il costo derivante dall’aggiornamento dello scenario macroeconomico base.
Il risultato operativo netto registra così una flessione del 47,9% a 337,5 milioni mentre quello lordo, che non sconta ancora il costo del credito, scende da 673 a 656 milioni. Grazie all’aumento di capitale consente all’indice di solidità patrimoniale Cet 1 ratio (phased-in) di salire su base pro-forma al 15,7% mentre quello fully loaded (a regime) si attesta al 14,7%. Il totale dei crediti dubbi si mantiene stabile a 4,1 miliardi di euro mentre l’esposizione netta scende nel trimestre da 2 a 1,9 miliardi, grazie a un aumento delle coperture dal 51,8% al 53,6%.