Il contratto di mandate agreement stipulato tra Nomura e Mps per l’operazione di ristrutturazione del derivato Alexandria, rimasto per tre anni nella cassaforte dell’ex dg della banca senese Antonio Vigni, era una “tessera” mancante di un “puzzle che” però “presentava un’immagine sufficientemente chiara e della quale si poteva intuire il contenuto del pezzo mancante. Non si è trattato dunque di una difficoltà di considerevole spessore, gli ispettori avevano gli elementi per valutare la natura degli accordi con Nomura e il loro impatto a livello finanziario”. E’ quanto si legge nelle motivazioni della sentenza del processo d’appello bis conclusosi il 15 luglio scorso con l’assoluzione, ‘perchè il fatto non sussiste”, degli ex vertici di Mps Giuseppe Mussari, Antonio Vigni e Gian Luca Baldassarri, accusati di ostacolo alla vigilanza di Bankitalia. I tre imputati, che il tribunale di Siena aveva condannato a 3 anni e mezzo in primo grado, erano stati assolti anche nel primo processo d’appello, ma con la formula “perchè il fatto non costituisce reato”. La Cassazione, accogliendo la richiesta delle difese, aveva confermato l’assoluzione disponendo però un nuovo processo per valutare se concedere un proscioglimento di tenore più ampio. Così è stato perchè, si legge nella motivazione, “in definitiva puà escludersi che sotto il profilo oggettivo vi sia stato ostacolo alla vigilanza, conclusioni di senso contrario mal si concilierebbero anche con il difetto di dolo riscontrato nell’attività degli imputati che se avessero voluto vanificare l’attività di vigilanza non si sarebbe fermati alla mancata esibizione del mandate agreement’.
L’avvocato Fabio Pisillo, legale di Giuseppe Mussari, commentando le motivazioni, ha dichiarato: “Ci sono voluti ben otto anni per accertare un fatto già chiaro all’esito del giudizio dinanzi al tribunale di Siena. ;Abbiamo assisto a una richiesta di pena di 7 anni di reclusione, e un appello che reclamava l’aumento dei 3 anni e mezzo irrogati in primo grado; pene richieste per fatto che non sussiste. ;Oggi è giusto esprimere la massima soddisfazione giacché un fatto, chiaro sin dall’inizio, è stato giudizialmente riconosciuto come tale era; resta l’amarezza per il tempo trascorso, per i fiumi di parole versate a sostegno di una tesi oggettivamente insussistente, per le sofferenze inferte”.
Per l’avvocato Enrico De Martino, legale di Vigni, “la sentenza della corte di appello di Firenze che ha assolto i precedenti manager Mps perché il fatto non sussiste fa finalmente definitiva giustizia di un grande inganno che ha impegnato i giudici per quasi dieci anni: nulla è mai stato occultato, tutto era chiaro a Bankitalia, tutti sapevano tutto, il mandate non serviva neppure a velocizzare le operazioni di ispezione: finalmente si è fatta giustizia del mandate, di fatto una delle più grandi armi di distrazione di massa rispetto alla verità oggi ristabilita”.