Omicidio largo Sassetta a Siena, le arringhe dei difensori: "Premeditazione inesistente, è un delitto d'impeto"

Assassinio di Annamaria Burrini, dopo le richieste di ergastolo del pm la parola ai legali degli imputati che hanno negato la premeditazione del delitto, scaricando l'uno sull'altro la responsabilità dell'omicidio. Chieste le assoluzioni per non aver commesso il fatto. "Volevano solo rubare, assassinio frutto di un raptus, una situazione improvvisa"

Di Claudio Coli | 22 Aprile 2024 alle 18:30

Omicidio largo Sassetta a Siena, le arringhe dei difensori: "Premeditazione inesistente, è un delitto d'impeto"

“Non c’è la premeditazione dell’omicidio, è inesistente e fantasiosa”. Le difese dei due stranieri a processo per il caso della rapina-delitto di largo Sassetta a Siena, del settembre 2022, contraccanno nelle loro arringhe davanti alla Corte d’Assise dopo la durissima requisitoria del pm Sara Faina, che aveva chiesto l’ergastolo per i due ucraini, zio e la nipote, considerati i responsabili della rapina sfociata nel sangue con vittima la signora Annamaria Burrini, di 81 anni, crimine per gli inquirenti che ha avuto un movente economico.

La contestazione della pesante aggravante richiesta dal pubblico ministero per giustificare l’istanza alla corte del carcere a vita è stata al centro delle arringhe tenutesi questa mattina. A prendere la parola per primo è stato l’avvocato Alessandro Bonasera, difensore del 41enne ucraino considerato l’esecutore materiale dell’omicidio, giunto tramite soffocamento dopo un fallito tentativo di narcottizzare l’anziana con un sonnifero: “La premeditazione è inesistente, fantasiosa – ha tuonato – non ci si può basare sulle dichiarazioni di alcuni loro amici del gruppo di San Miniato, dichiarazioni su cui stendiamo un velo pietoso. Volevano rubare ma non uccidere, non ci sono dati che indicano la progettualità, non sappiamo nemmeno se il laccio che si pensa sia stato utilizzato sia stato portato da fuori. E’ stata un’azione di impulso”. “Un delitto di impeto – così in coro il collega avvocato Francesco Paolo Ravenni, in aula per la 27enne – il laccio non è mai stato trovato e non ci sono elementi sulla premeditazione, le dichiarazioni in merito dei ragazzi di San Miniato non sono attendibili, dicono tutto e il contrario di tutto”.

Se i due avvocati si sono trovati d’accordo nel negare con fermezza l’aggravante della premeditazione, diversa è la versione offerta di quanto accaduto. “E’ stata la nipote ad uccidere la signora Burrini – ha affermato l’avvocato Bonasera, che ha chiesto così  per il suo cliente l’assoluzione per non aver commesso il fatto – si crea un cortocircuito e lei presa dal panico si sfila un laccio dalla scarpa e la strangola. Lui dopo sale in casa e insieme cercano l’oro e i soldi. Le sue impronte sul collo della signora ci sono perchè ha provato a sentire se c’era ancora battito vitale”. Di contro il difensore della giovane ha addossato la responsabilità allo zio, chiedendo per la 27enne l’assoluzione per l’omicidio e in subordine il solo riconoscimento del concorso nella rapina, ma non nel delitto: “Un omicidio frutto di un raptus, lui faceva uso di cocaina. Ha fatto tutto lui e lei è fuggita. Voleva compiere solo la rapina, si è trovata davanti una situazione improvvisa e non arginabile, l’omicidio non era logico nè spiegabile” ha evidenziato.

Atto conclusivo a fine maggio per eventuali repliche e controrepliche poi la Corte si ritirerà in camera di consiglio: in caso di allungamento dei tempi eventuale altra data già fissata a metà giugno.

Claudio Coli

Nato a Siena il 20-07-1990, è iscritto all'ordine dei giornalisti come giornalista pubblicista dal 25 marzo 2013. Ha iniziato a scrivere di sport, in particolare di pallacanestro, seguendo l'epopea della Mens Sana Basket negli anni duemila. È poi passato alla cronaca locale e da alcuni anni si occupa anche di cronaca nera e giudiziaria.



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