Palio di Siena, Gingillo: "Voglio battere il ferro quando è caldo"

Giuseppe Zedde, fantino del Palio di Siena con quattro vittorie in 34 carriere, racconta il dopo-Valdimontone 2025, la caduta del 2011, la rinascita con la Lupa nel 2018, il rapporto con Tittìa e l’idea di futuro.

Di Redazione | 26 Dicembre 2025 alle 12:00

Giuseppe Zedde, detto Gingillo, è uno dei protagonisti dell’ultima stagione del Palio. Ha vinto il 16 agosto 2025 per la Contrada del Valdimontone, la quarta affermazione in una carriera segnata da picchi, pause forzate e ripartenze. In questa intervista, ospite del format “Tutta colpa del Palio” condotto da Veronica Costa, ripercorre gli inizi, i maestri, le ferite e la nuova fiducia che lo proietta verso il 2026.

Una vittoria che cambia il presente

La sensazione è netta: l’agosto montonaiolo ha spostato gli equilibri, dentro e fuori pista.

“È una vittoria in più che si aggiunge al curriculum e ci voleva in questo momento. Per il 2026 si può ricreare una situazione da vincente: le vittorie servono a questo, a guardare al futuro. Acquisti credibilità e fiducia.”

Tradotto: credibilità con i dirigenti, un inverno “importante” davanti e la volontà di capitalizzare nella prossima annata.

Gli inizi: famiglia, “pistina” e mito della Piazza

Passione di casa, ma mai imposta. Il primo cavallo a otto-nove anni, una “pistina” costruita dal padre nell’azienda di famiglia, i primi passi, trotto, poi il galoppo. L’innamoramento arriva a contatto diretto, “a pelo”, e lo sguardo è già alle opposte di Piazza del Campo: come si fa a restare in sella lì? Il percorso è quello classico: province, confronti, tentativi, fino a capire se si è all’altezza.

La scuola di Trecciolino

La svolta è l’incontro con Luigi Bruschelli, detto Trecciolino, idolo diventato mentore.

“Mi ha insegnato basi importanti: come allenarsi, come tenere un cavallo al canape, cosa fare in partenza. Era puntiglioso: se sbagliavi, ti riprendeva. Poi però una parte te la devi costruire tu, rubando con gli occhi.”

Gingillo cita anche Cianchino e Luca Minisini come riferimenti di stile. Non un caso, dice, che dalla scuderia di Gigi siano passati fantini vincenti come lui e Tittìa: in molti ci provano, emergono quelli con doti e volontà.

Bruco, soprannome e prime emozioni

Il debutto nel Bruco gli dà il soprannome. Doveva bastare una prova, poi la chiamata del capitano: “Hai capito cosa devi fare?” Emozione pura, lacrime al telefono con la famiglia. Seguono la prima vittoria nel Bruco (2008) e la seconda nella Tartuca (2009).

2011: la caduta e gli anni in salita

Il 2 luglio 2011, di nuovo nel Bruco, la brutta caduta con Lampante. Un episodio che, ammette, ha pesato troppo a lungo.

“Tanti mi avevano dato per spacciato. Io sapevo quanto valevo. Se mi davano un cavallo da corsa e l’occasione giusta, l’avrei sfruttata. Ma quando scegli dopo, monti cavalli meno competitivi e diventa più difficile vincere”.

2018, Lupa e Porto Alabe: la rivincita

Il 16 agosto 2018 arriva la terza vittoria, con la Lupa e Porto Alabe di rincorsa. Un Palio complesso, di testa e di nervi.

“Io e Porto Alabe ci siamo trovati: anche lui era sottovalutato. La motivazione fa tanto: servono doti e allenamento, ma in certi momenti la testa conta più di tutto.”

Squalifiche, Covid e una finestra mancata

Dopo il 2018, il freno: due carriere di squalifica e la lunga pausa del Covid. Rientro nel 2022, poche occasioni fino al 2025.

“Quel Palio vinto mi rimise nel giro, ma non mi fece fare il salto per rimontare un cavallo competitivo. Non ho potuto battere il ferro quando era caldo. Ora sì: voglio farlo dopo la vittoria di agosto.”

Serenità privata, fame sportiva

La sicurezza di oggi viene anche da casa: la compagna Federica e il figlio Dario, nato poco più di un anno fa, come forza in più.

“Ci vuole tranquillità in casa. A me ha dato una spinta: ti motiva.”

Valdimontone: un legame lungo vent’anni

Non solo la gioia della vittoria: con il Montone un filo che parte dagli inizi, con alti e bassi fisiologici. Determinante anche il rapporto con il capitano Aldo Nerozzi, “amico” sin dai primi passi. Festeggiamenti prolungati, come è giusto che sia quando si vince, ma con un sapore speciale per la storia condivisa.

Tittìa, i “blocchi” e la realtà del canape

La rivalità con Giovanni Atzeni è concreta nei tre giri, più sfumata fuori.

“Amici no, ma c’è rispetto. I blocchi? Fanno più comodo a qualche dirigente. Per noi, quando sei lì, sono tutti avversari da battere.”

Chiacchiere, responsabilità e ripartenze

Dopo il Palio di luglio 2025, si era molto parlato di lui più come persona che come fantino. Non ci sono state conseguenze pratiche, ma resta l’insofferenza per parole “a caso”.

“Meglio i fatti. Quando si perde, serve farsi un esame di coscienza. La sfortuna esiste, ma da sola non basta a spiegare”.

Contrade e riavvicinamenti

Le contrade vicine restano più o meno le stesse degli ultimi anni, con la speranza di qualche “apertura” in più durante l’inverno. Possibile anche un recupero del rapporto con il Bruco: se c’è volontà, dice Gingillo, c’è anche da parte sua.

Cavalli e coraggio

Sui soggetti in evidenza ad agosto preferisce non sbilanciarsi, ma il concetto è chiaro: serve qualità e serve rischiare, soprattutto per chi non vince da tempo.

“Ci vuole il cavallo buono. Con un fantino buono fai un’accoppiata credibile e le cose possono solo migliorare”.

Età, futuro e ragazzi

Un Palio dominato da over 40? Per lui, si smette quando non si è più vincenti o cercati, non per un capriccio.

“Smettere lo decidi solo se sei convinto. Finché me la sento, continuo, preparato il più possibile”.

Sui giovani: qualcuno in provincia si fa notare, ma servono continuità e umiltà. Gingillo ha provato a fare da guida (“ho avuto anche Carlo Sanna”), ma il salto in Piazza è durissimo: contano doti, sacrifici, perseveranza.

Carattere, verità e misura

Ha cose da dire? Sì. Le dirà? Forse. Per ora, meglio il silenzio operativo.

“Quando dici la verità, rischi di diventare antipatico. A volte è meglio star zitti. Il mio pregio? Essere onesto e chiaro. Ma nel Palio non sempre ripaga: dovrei avere un po’ più ‘pelo sullo stomaco’.”

La chiusura

“Nel 2018, nella Lupa, mi sono inventato quel Palio lì: rabbia, voglia di rivalsa, motivazione. Adesso voglio battere il ferro quando è caldo”.



Articoli correlati