Se fallisse l’operazione di salvataggio Mps ecco gli scenari
Nel caso l’operazione di salvataggio di Mps dovesse fallire si aprirebbero due scenari: un intervento dello Stato con una ricapitalizzazione che comporterebbe la cosiddetta ‘burden sharing’, ossia la ripartizione delle perdite con i privati. Oppure potrebbe scattare il bail-in, cioe’ un salvataggio tutto a carico di azionisti, obbligazionisti e correntisti. Ecco cosa potrebbe succedere ai diversi portatori di interesse nei confronti della banca senese nelle diverse ipotesi ancora aperte. –
Correntisti o possessori di cassette di siireuzza: i titolari di conto corrente sono gli ultimi ad essere coinvolti e lo verrebbero solo in caso di bail-in per chi ha depositi sopra i 100.000 euro e solo per la parte superiore a quella soglia. Chi ha una cassetta di sicurezza, cosi’ come i titolari di conto titoli, non corre alcun rischio perche’ la banca svolge il ruolo di custode dei beni o degli investimenti.
Detentori di fondi comuni: in questi casi non c’e’ un rapporto di credito diretto con la banca. Il patrimonio dei fondi e’ separato da quello dell’istituto, mentre, nel secondo caso, la banca ha solo una delega per la gestione.
Azionisti: sono quelli che rischiano di piu’. Se anche il salvataggio privato riuscisse e’ piu’ facile che le nuove azioni siano emesse a un prezzo vicino al minimo di 1 euro che non a quello massimo di 24,9 euro, ‘azzerando’ di fatto il capitale esistente (l’attuale valore della banca potrebbe scendere fino a 29 milioni di euro). Il valore delle attuali azioni risiede nel diritto di vedersi attribuita la tranche junior della cartolarizzazione che dovra’ cercare di recuperare 27,7 miliardi di sofferenze di Mps. Ma a loro andranno solo i soldi che verranno recuperati una volta rimborsate le tranche senior e mezzanine. Dunque un valore molto incerto, il cui fair value (valore equo) e’ stato quantificato in 427 milioni di euro da Mps. Sia in caso di burden sharing che di bail-in, gli azionisti sarebbero i primi a pagare perdendo tutto.
Obbligazionisti subordinati: tra i titolari di bond sono quelli piu’ a rischio di perdite. Nel caso in cui dovesse riuscire il salvataggio privato chi convertira’ si trovera’ in mano titoli Mps, esponendosi alle incertezze sul rilancio della banca, mentre chi non convertira’ conservera’ le proprie obbligazioni e verra’ rimborsato a scadenza. Se pero’ le conversioni fossero troppo risicate Mps potrebbe non trovare i cinque miliardi necessari per evitare l’intervento dello Stato con il conseguente ‘burden sharing’. In tal caso i bond subordinati verrebbero comunque convertiti in azioni, in questo caso forzatamente, ma a un rapporto di cambio inferiore a quello offerto dalla banca (che dara’ azioni per un controvalore compreso tra l’85% e il 100% del valore nominale dei bond). Da qui il dilemma tra conversione e non conversione di cui sono prigionieri gli obbligazionisti, a partire da quelli retail. In caso di ‘burden sharing’, i 40 mila piccoli risparmiatori che hanno sottoscritto oltre 2 miliardi di bond subordinati Mps possono anche sperare in un ristoro da parte dello Stato, che dovra’ pero’ essere compatibile con le regole europee, ad esempio provando che c’e’ stato un caso di ‘misselling’, cioe’ di vendite inappropriata a soggetti che non erano in grado di cogliere i rischi dei titoli che andavano ad acquistare. Una procedura dagli esiti incerti e da cui sarebbero esclusi gli investitori istituzionali, che hanno in mano altri 3 miliardi di bond.
Obbligazionisti senior: sono gli obbligazionisti piu’ garantiti, che potrebbero essere chiamati a contribuire al salvataggio, comunque dopo azionisti e obbligazionisti subordinati, solo in caso di ‘bail-in’. Non corrono rischi se il salvataggio privato andra’ in porto e neppure in caso di ‘burden sharing’