Radicondoli, assoluzione dopo undici anni: si chiude il caso dell’agriturismo “fantasma”

Si chiude una lunga vicenda giudiziaria iniziata nel 2014 per presunta appropriazione indebita di una caparra di 700 euro.

Di Redazione | 24 Ottobre 2025 alle 21:30

Radicondoli, assoluzione dopo undici anni: si chiude il caso dell’agriturismo “fantasma”

Si è concluso questa mattina, a undici anni dai fatti, il procedimento penale che vedeva imputato il gestore di un noto agriturismo nel comune di Radicondoli, accusato di appropriazione indebita ai danni di un cliente siciliano residente in Toscana. Il giudice monocratico, dottor Alessandro Maria Solivetti Flacchi, ha pronunciato sentenza di assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste”, ponendo fine a una vicenda giudiziaria iniziata nel 2014.

Secondo l’accusa, rappresentata dalla vice procuratrice onoraria dottoressa Maria Sebaste, l’imputato si sarebbe appropriato della caparra di 700 euro – pari al 50 per cento del prezzo complessivo di 1.400 euro – versata da un uomo che aveva prenotato alcune camere nella struttura in occasione del matrimonio di un familiare. L’uomo, dopo aver effettuato il pagamento, non sarebbe più riuscito a mettersi in contatto con il gestore e avrebbe trovato l’agriturismo chiuso, situazione che lo avrebbe indotto a sporgere querela presso i carabinieri.

La pubblica accusa aveva richiesto la condanna dell’imputato a quattro mesi di reclusione e 450 euro di multa per non aver mai restituito la somma, ritenendo integrato il reato di appropriazione indebita. Diversa la linea difensiva sostenuta dall’avvocato Marco Debernardi del Foro di Siena, secondo cui mancavano elementi certi per dimostrare la responsabilità del suo assistito. Nel corso dell’istruttoria, la persona offesa – chiamata a testimoniare – non ha saputo fornire riscontri concreti né ha ricordato dettagli essenziali. Rimanevano, inoltre, dubbi sull’effettivo versamento della somma contestata.

La difesa ha insistito sull’assenza di prove e sull’impossibilità di accertare con precisione i fatti oggetto del processo, chiedendo l’assoluzione piena. In subordine, è stata comunque avanzata richiesta di applicazione del minimo della pena e dei benefici di legge.

La decisione del giudice è arrivata dopo pochi minuti di camera di consiglio: assoluzione piena perché il fatto non sussiste. Una sentenza che, dopo oltre un decennio, chiude definitivamente una vicenda nata da una denuncia e proseguita tra lungaggini processuali e incertezze probatorie. Il gestore della struttura è stato così riconosciuto estraneo ai fatti contestati, mentre resta l’amarezza per una vicenda umana e processuale che ha richiesto undici anni per trovare una conclusione.

Andrea Bianchi Sugarelli



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