Preoccupazione e netta contrarietà. Sono questi i toni usati da Rifondazione Comunista di Siena dopo l’ipotesi, emersa nei giorni scorsi, di una possibile riconversione in senso militare dello stabilimento Beko, chiuso da tempo e al centro di diverse ipotesi di rilancio industriale.
Tra i soggetti interessati a rilevare il sito produttivo ci sarebbe il gruppo Leonardo, colosso italiano della difesa e dell’aerospazio, partecipato in maggioranza dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Una prospettiva che ha trovato aperture o segnali positivi da parte di due dei tre principali sindacati, ma che suscita forte allarme in Rifondazione.
Il partito sottolinea come Leonardo sia uno dei maggiori produttori mondiali di armamenti e richiama i dati sulle esportazioni di armi italiane verso Israele, che nel solo 2024 avrebbero superato i 7 milioni di euro. “Le politiche di riarmo del Governo – scrive Rifondazione – sono da respingere fermamente perché contrarie all’articolo 11 della Costituzione, che ripudia la guerra, e perché sottraggono risorse a sanità, scuola, servizi sociali e ricerca”.
Nel comunicato si evidenzia anche un aspetto economico: il comparto bellico, osserva il partito, è tra quelli con il più basso rapporto tra capitale investito e numero di lavoratori impiegati. “Anche da un punto di vista industriale – si legge – la scelta di Leonardo si rivela perdente”.
Rifondazione ribadisce comunque la necessità di trovare soluzioni occupazionali per gli ex dipendenti della Beko, ma invoca la mobilitazione cittadina contro la prospettiva che a Siena possa insediarsi “un’industria della guerra”.
“La Siena repubblicana, democratica e antifascista – conclude la nota – merita un futuro migliore, fatto di lavoro di qualità e non di produzione di strumenti di morte”.