Sant’Ansano, Siena ritrova la sua coscienza civile: l’appello di Lojudice contro la rassegnazione alla guerra e all’indifferenza

Nel giorno del Patrono, l’Arcivescovo invita a riscoprire memoria, attesa e responsabilità: “La guerra non è inevitabile, il futuro dipende da chi non si rassegna”

Di Lorenzo Agnelli | 2 Dicembre 2025 alle 12:00

Nel Duomo gremito per la solennità di Sant’Ansano, patrono della città e “Battezzatore dei senesi”, il cardinale Augusto Paolo Lojudice ha pronunciato un’omelia che è andata oltre il rito: un richiamo alla responsabilità collettiva, un appello civile prima ancora che spirituale. In un tempo in cui il fatalismo sembra oscurare il pensiero critico, il pastore della Chiesa senese ha scelto di parlare alla città come comunità morale. E lo ha fatto con parole nette: “La guerra non è inevitabile. Dobbiamo resistere alla narrazione dell’inevitabile, spegnere il chiacchiericcio e accendere la coscienza”.

Al centro dell’omelia il pericolo più subdolo: l’assuefazione. Lojudice denuncia il rischio di un pensiero pubblico che si arrende e considera la guerra una fatalità: “Va combattuta non con le armi, ma con la lucidità, con l’impegno, con la politica nel senso più alto, con la cultura, con la memoria, col coraggio di non abituarsi”, facendo sua la denuncia di Papa Francesco sui “pezzi della terza guerra mondiale” che si compongono uno dopo l’altro.

Per il cardinale, l’autentica sconfitta non è sul campo, ma nella coscienza: è quando ci convinciamo che nulla può cambiare. “L’ultima eco del fatalismo non è la saggezza ma il vuoto morale. E il mondo sarà salvato da chi non si rassegna”.

Il 1° dicembre Siena celebra Sant’Ansano ricordandone il martirio, avvenuto nel 303 o 304 durante la grande persecuzione. “Arrivò lungo la Cassia e convertì la comunità senese. Fu decapitato per la sua fede”, ha ricordato Lojudice. Una storia antica che, per l’Arcivescovo, non è un ricordo da archivio ma la radice della comunità cristiana e civile. È da questa memoria che Lojudice apre il capitolo più duro: quello dei martiri contemporanei.
“Sono sessanta i Paesi teatro di persecuzioni estreme o molto forti. Milioni di cristiani vivono violenze, discriminazioni, negazione dei diritti. E la percezione in Occidente è scarsa”, afferma denunciando la crescita costante della cristianofobia, incluso il suo emergere in forme latenti anche in Europa.

La parte più chiaramente politica dell’omelia è una chiamata all’esercizio della cittadinanza.
“Non dobbiamo chiuderci, non dobbiamo spegnerci – scandisce a chiare lettere Lojudice -. Dobbiamo conservare quell’inquietudine morale che distingue il cittadino dal suddito”.
E aggiunge parole di rara durezza verso la passività sociale: “I governanti rischiano di diventare dominatori se si spegne l’inquietudine dei cittadini. Oggi chi governa ha bisogno non di spettatori passivi, di commentatori senza coraggio, di cinici senza idee, ma di chi pone domande”. È un richiamo alla vigilanza democratica, alla responsabilità quotidiana, alla partecipazione.

In una Siena che vive il suo giorno identitario per eccellenza, l’omelia di Lojudice non è stata solo celebrazione ma provocazione: un appello a non abituarsi al male, a non delegare la coscienza, a non spegnere il desiderio di futuro.“Il mondo sarà salvato da chi non si rassegna. E mi auguro – ha concluso – di essere tra questi”.

Lorenzo Agnelli

Giornalista pubblicista iscritto all'ordine dal 2020. Esperienza nel ruolo prima come corrispondente locale dalla Val d'Orcia e poi all’interno della redazione di Radio Siena Tv. Prendere parte alle discussioni e conoscere a fondo i fatti sono stati i fattori scatenanti della sua personale passione verso il giornalismo, concentrandosi principalmente sui fatti di cronaca che riguardano la collettività, come la politica e le sue incoerenze, materie da spiegare e rendere accessibili a tutti. Ama la città in cui lavora, Siena, e la sua terra, la Val d’Orcia, luogo capace di offrire bellezza paesaggistica ma anche umana, difficile da spiegare, ma che non si stanca mai di raccontare.



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