Sciopero generale del 12 dicembre, D’Ercole (CGIL Siena): “Chiediamo politiche economiche e sociali più giuste, a partire da un aumento di salari e pensioni”. Da Siena oltre 500 persone si recheranno a Firenze per la manifestazione regionale conclusa da Maurizio Landini.

Da Siena oltre 500 persone si recheranno a Firenze per la manifestazione regionale conclusa da Maurizio Landini.

Di Redazione | 10 Dicembre 2025 alle 13:00

Il 12 dicembre la CGIL scenderà di nuovo in piazza per lo Sciopero Generale Nazionale. Da Siena oltre 500 persone tra lavoratori e pensionati parteciperanno alla manifestazione regionale che si svolgerà a Firenze con un corteo nella mattina e che verrà conclusa dal comizio del Segretario Generale Maurizio Landini.

“La protesta non si ferma – spiega la Segretaria provinciale CGIL Alice D’Ercole – per cambiare una Legge di Bilancio ingiusta ed iniqua. Mentre il Governo fa propaganda raccontando un Paese di Bengodi, le persone in carne ed ossa fanno fatica ad arrivare a fine mese. Le stime di crescita del PIL si riducono allo zero virgola e la produzione industriale arretra da quasi 3 anni con tutte le preoccupazioni degli effetti sul mondo del lavoro che porterà la crescita anemica, certificata anche dalla CCIAA solo qualche giorno fa. Pensioni povere, che si pensa di rivalutare con ‘ben’ 3 euro di aumento sulle minime, assenza di una politica salariale in un Paese che registra salari più bassi di oltre 830 euro rispetto a quelli di 30 anni fa, senza la previsione di un salario minimo ed in cui i contratti sono fermi per quasi 6 milioni di lavoratori o rinnovati sotto la soglia di dignità come quelli pubblici, che con l’ultimo contratto separato che noi non abbiamo firmato non recuperano neppure 1/3 dell’inflazione reale, e soprattutto una politica fiscale iniqua e non progressiva che fa pagare al lavoro e alle pensioni quasi il doppio delle tasse, a parità di reddito, rispetto a coloro che vivono di profitto e rendita. Questo ha determinato, con la mancata indicizzazione delle aliquote all’inflazione, una tassa occulta pagata dai lavoratori e dai pensionati per 25 miliardi di euro.”

“Il Paese reale è quello in cui, mentre si sceglie la via dello scudo penale per le ditte appaltatrici, muoiono sul lavoro ogni giorno 3 persone – ricorda la Segretaria – e il nostro territorio presenta segnali di gravità rilevanti avendo un’incidenza superiore alla media nazionale. È quello in cui si è sposato un modello produttivo che in ragione del profitto vuole i lavoratori precari, sfruttati e ricattati e privati della dignità. Questo è raccontato dalla vicenda di Fabio Giomi, lavoratore licenziato per il ‘test carrello’ dalla Pam, e dalle centinaia di storie di fatica invisibile, di sfruttamento, di diritti negati celate dietro etichette prestigiose che abbiamo intercettato nei campi durante la vendemmia. È quello in cui le persone sono sempre più povere, come nella nostra provincia, dove il 10% della popolazione vive sotto la soglia di povertà con l’inflazione tra le più alte d’Italia e con tutti gli effetti dell’assenza di politica industriale.”

“Ogni giorno facciamo i conti con licenziamenti collettivi e procedure di crisi aziendale per effetto di delocalizzazioni e chiusure degli stabilimenti – prosegue la sindacalista. Come l’Avicoop, la Comege e la messa in liquidazione della Paycare a Monteriggioni, lo spegnimento delle macchine alla Beko di Siena, le pelletterie amiatine con cessazioni di alcune piccole aziende artigiane e cassa integrazione nella prima parte dell’anno per oltre il 70% delle maestranze, le difficili vertenze ancora aperte come la Capaccioli a Sinalunga e della Telco Soluzioni Digitali a Colle di Val d’Elsa. Poi ci sono le scelte miopi ed irresponsabili di grandi multinazionali, come GSK, che registrano fatturati da capogiro ma scelgono di investire riducendo i perimetri occupazionali, in barba al principio costituzionale della responsabilità sociale d’impresa.”

“Queste situazioni sono solo la punta dell’iceberg – sottolinea D’Ercole – perché dietro ogni grande industria c’è il lavoro degli appalti e delle imprese di componentistica e logistica. Un mondo spesso privo di ammortizzatori sociali in cui un processo di crisi si trasforma in abbandono alla marginalizzazione di aziende e maestranze. E così nel nostro territorio, oltre alla perdita di quasi 1.500 posti di lavoro in un anno e mezzo, si assiste ad una crescita esponenziale sia delle ore di cassa integrazione (+200% nei primi 9 mesi di quest’anno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso) che ad un incremento delle NASPI che nel giro di 2 anni registrano un +14%, ben 2,7% in più rispetto alla media regionale. Questo è un dato figlio del lavoro povero e precario in cui il 26% dei lavoratori privati è in regime di part time spesso involontario e l’85% delle nuove assunzioni sono contratti precari.”

“E’ una continua ed inarrestabile emergenza che ci consegna un Paese ed un territorio non più attrattivi, dove ogni anno centinaia di migliaia di giovani scelgono di trasferirsi altrove – aggiunge la Segretaria – solo dalla nostra provincia nel 2024 sono fuggite ben 600 persone.”

“Di fronte a tutto questo il Governo dovrebbe scegliere la strada degli investimenti industriali, della transizione ecologica e digitale, delle politiche di giustizia sociale ed equità volte alla tutela del potere d’acquisto di salari e pensioni per rafforzare e far crescere la domanda interna – conclude la sindacalista – invece si insiste nel dipendere dalle politiche trumpiane, vale per le dinamiche commerciali, che continuano a guardare agli USA come principale partner nonostante i dazi che affosseranno interi settori della nostra economia come quello vitivinicolo. E soprattutto per le politiche di riarmo, per le quali Meloni, per tenere fede all’impegno preso con il Presidente degli Stati Uniti di portare le spese in armamenti al 5% del PIL in 10 anni, sta mettendo una ‘taglia’ del valore di 1.000 miliardi sulla tenuta del nostro stato sociale e dei diritti di cittadinanza, con la riduzione delle risorse alla scuola, lo smantellamento della sanità pubblica, il sotto finanziamento del Fondo nazionale del TPL e la cancellazione di tutte le opere di manutenzione e potenziamento delle infrastrutture strategiche, compromettendo il diritto al lavoro e alla dignità di milioni di cittadini e cittadine.”

 



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