Non si sono fatte attendere le parole dei difensori di Andrea Paolini, subito dopo la sentenza che oggi ha condannato il cosiddetto “guru” a nove anni di reclusione per violenza sessuale e maltrattamenti nella gestione dell’associazione Nautilus Xenolid di Montepulciano. Il tribunale di Siena ha riconosciuto Paolini responsabile di aver approfittato della vulnerabilità di undici membri dell’associazione, inducendoli, anche con la promessa di “guarigione”, a versamenti di denaro e rapporti personali.
A caldo, i legali hanno commentato la decisione con equilibrio ma senza nascondere una certa delusione per l’esito del processo. L’avvocato Luigi Paganelli ha definito la decisione “una sentenza sorprendente perché sembra strutturata a 360° in tutte le direzioni”. Secondo il difensore, esclusi i reati di esercizio abusivo della professione medica e psicoterapeutica, tutte le altre contestazioni sono rientrate “in una valutazione complessiva in cui probabilmente il Tribunale ha sostenuto ogni reato attraverso gli altri: a 360 gradi, appunto”. Paganelli ha sottolineato che, per comprendere appieno le ragioni della condanna e valutare quelle d’appello, sarà necessario attendere il deposito delle motivazioni, previsto entro novanta giorni.
“Dovremo capire le fondamenta della condanna sulle quali si è appoggiata la valutazione del ruolo di tutte le persone coinvolte che, secondo il Collegio, erano evidentemente succubi del Paolini, anche per i reati in cui lui non era presente”, ha spiegato Paganelli, anticipando la complessità di una sentenza che “non sarà breve e nemmeno agevole, per i Giudici, sia nella redazione sia nelle conclusioni finali e articolazioni logiche”.
L’avvocato ha poi posto l’accento sulla dimensione interpretativa del processo, osservando che “in questo caso ci sono aspetti che appartengono ad una dinamica interpretativa molto più culturale che giuridica”. Una delle principali criticità rilevate dalla difesa riguarda l’assenza di perizie psicologiche sulle persone offese: “Dal punto di vista istruttorio, l’accusa non ha portato nessuna perizia psicologica sulle varie persone partecipanti ai corsi; il Collegio è rimasto solo a dover stabilire qualcosa che appartiene in realtà allo schema del plagio, peraltro costituzionalmente illegittimo”. Paganelli si è chiesto come sia stato possibile “ricondurre ad una dinamica plagiante tutti questi comportamenti collettivi senza nemmeno uno straccio di ausilio tecnico sulla condizione mentale delle persone”.
Secondo la difesa, sarà necessario fare chiarezza sul confine tra influenza lecita e condotta penalmente rilevante: “In quale misura l’influenza può ritenersi lecita, perché qualsiasi richiesta richiede una persuasione di influenza da parte di qualcuno. Non è che due persone si incontrano e fanno sesso” hanno riflettuto con i giornalisti presenti. Le motivazioni della sentenza, ha aggiunto Paganelli, saranno centrali nel ricorso in appello già annunciato: “Il fatto che la condanna sia per violenza vuol dire che chiunque non era in sé e non aveva una autonoma facoltà decisionale. Questo è il fulcro del ragionamento della difesa”.
L’avvocato Michele Vaira, si è invece limitato a dichiarare: “Non posso commentare una sentenza prima di leggere le motivazioni”.
Il deposito delle motivazioni, atteso nei prossimi tre mesi, sarà decisivo per comprendere la linea seguita dal tribunale e per i successivi sviluppi di una vicenda giudiziaria che, iniziata nel 2020, resta tutt’altro che conclusa. Restano aperte le questioni sollevate dalla difesa, che toccano tanto il profilo tecnico quanto quello culturale dell’intero procedimento.
Andrea Bianchi Sugarelli