Un’arma puntata alla tempia, la minaccia in inglese “Give us everything you have now, or you die” (o ci dai tutto quello che hai, oppure muori), la paura in un’auto a pochi passi dal centro storico di Siena. Si è chiuso ieri mattina con una condanna a quattro anni e otto mesi di reclusione, pronunciata dal giudice per l’udienza preliminare Andrea Grandinetti, il processo con rito abbreviato a carico di due giovanissimi, uno di 21 anni e l’altro di 19, cresciuti a Siena (uno dei due di seconda generazione) e in un comune limitrofo, riconosciuti colpevoli di rapina aggravata in concorso e utilizzo di arma, sebbene si sia poi rivelata una pistola-giocattolo.
I fatti si svolgono il 10 novembre 2024. I due ragazzi — già sottoposti a obblighi di firma per precedenti reati — insieme a un terzo complice rimasto ignoto, si avvicinano nella zona della stazione a uno studente belga di 22 anni che era venuto nella nostra città per studiare. La proposta appare innocente: un passaggio su un’Audi, proprio al momento dell’uscita da un locale notturno. Una volta chiuse le portiere, però, l’atmosfera cambia radicalmente. Uno dei giovani estrae una pistola e la punta alla testa dello studente, intimandogli in modo esplicito di consegnare tutto ciò che ha. L’amico, secondo quanto ricostruiscono gli inquirenti, lo incita ripetutamente (“sparagli, sparagli”) e gli strappa dal polso l’orologio, un prezioso Tag Heuer Aquaracer del valore di oltre duemila euro, regalato dal padre allo studente e quindi anche carico di valore affettivo, mentre dall’altro lato si impossessano anche di 60 euro in contanti.
La vittima, ancora sotto shock, riesce a denunciare l’accaduto con tempestività, presentando anche un video girato con il telefono durante l’aggressione, in cui si intravedeva un angolo della vettura. Le immagini delle telecamere di videosorveglianza e la ricostruzione della Procura, coordinata dal sostituto procuratore Serena Menicucci, permettono rapidamente di identificare i due imputati: è stato proprio un oggetto, un piccolo ciondolo appeso allo specchietto retrovisore, visibile nel filmato, a tradire i rapinatori. La squadra mobile li denuncia nel marzo successivo. Nell’auto viene trovata la custodia della pistola-giocattolo e l’orologio trafugato viene recuperato e restituito alla persona offesa.
Durante l’udienza di ieri, uno dei ragazzi ha confessato la propria responsabilità, mentre per l’altro la difesa — rappresentata dall’avvocato Alessandro Betti — ha sostenuto che le prove a suo carico fossero esclusivamente di tipo indiziario. La pubblica accusa aveva richiesto la pena di quattro anni e otto mesi, accolta in toto dal giudice.
Attualmente i due si trovano ai domiciliari, da cui però erano evasi. Nell’estate scorsa scappano insieme e si dirigono alle Cinque Terre, in Liguria, dove immortalano la fuga con un selfie pubblicato sui social. Uno dei due viene arrestato poco dopo a Grosseto, l’altro si costituisce spontaneamente il 1 agosto. Per questo episodio sono ancora in attesa di giudizio. A difenderli lo stesso avvocato Betti.
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I due ragazzi erano già stati riconosciuti responsabili, due mesi fa, di rapina aggravata e tentata estorsione in relazione a un episodio avvenuto nel maggio 2024 nella zona del sottopassaggio di Piazzale Rosselli, nei pressi della stazione ferroviaria. Per questi fatti, il 30 ottobre scorso, il tribunale davanti al gup Sonia Caravelli li ha condannati a quattro anni e quattro mesi di reclusione. In quella circostanza la vittima, un giovane sudamericano, venne bloccato, minacciato con un coltello e privato di effetti personali e documenti, con la successiva richiesta di 300 euro sotto minaccia armata. Decisivo, anche in quel caso, l’intervento di un testimone che vide tutta la scena dal finestrino di un’auto ferma nel traffico. Secondo la ricostruzione della procura, proprio la vittima, in passato, sarebbe stata avvicinata dai due ragazzi con la proposta di prendere parte ad attività illecite; il suo rifiuto avrebbe generato un presunto debito, divenuto poi il pretesto per la tentata estorsione.