Siena: un nuovo futuro per l'ex manicomio e il padiglione Conolly

Progetto di recupero padiglioni Chiarugi e Kraepelin, che porterà alla realizzazione di 10 posti letto di hospice e 30 posti per le cure intermedie. A maggio il via ai lavori

Di Redazione | 7 Aprile 2022 alle 21:00

Un luogo che non rimase indifferente neanche al padre della psicanalisi. Ma lo è rimasto per anni ad una città intera. E’ l’ex ospedale psichiatrico San Niccolò. La citazione infatti più singolare che abbiamo di Porta Romana è quella di Sigmund Freud che ne parla nel suo “L’interpretazione dei sogni”.

Freud era transitato da Siena a fine ‘800 e, uscendo, di sera, da porta Romana, era rimasto indubbiamente suggestionato da questo luogo. A due passi da quella porta sorgeva già l’ospedale psichiatrico che, due secoli dopo dal passaggio di Freud, avrebbe cessato ogni attività. Ora un nuovo futuro attende il complesso manicomiale grazie al progetto dell’Ausl toscana sud est che porterà alla realizzazione di 10 posti letto di hospice e 30 posti per le cure intermedie. A maggio il via ai lavori di recupero.

“Complessivamente – spiega a Siena Tv il direttore amministrativo Francesco Ghelardi – i due padiglioni che saranno ristrutturati comporteranno un di 10 milioni di euro, fra risorse Pnrr e stanziamenti statale e regionale. Ad essere recuperati saranno i padiglioni Chiarugi e Kraepelin“.

Un luogo di memoria e di dolore nel cuore del centro storico, per troppo tempo dimenticato per non guardare i segni della sofferenza. L’esempio eclatante di una follia confinata piuttosto che curata, alla quale si è volto le spalle, è il padiglione Conolly, quello di massima sicurezza, per i pazienti definiti “clamorosi” o “esagitati”. Per il suo futuro c’è l’ambizione di una nuova destinazione dopo alcuni lavori di messa in sicurezza. Anche perché farlo cascare a pezzi, quello sì che sarebbe roba da matti…

“L’idea è di collocare lì dentro l’archivio storico dell’ospedale psichiatrico, oggi archivio storico dell’Ausl Toscana sud est – ha aggiunto Ghelardi – e renderlo fruibile a studiosi, visitatori e studenti. Ma l’idea è anche però di collocare lì alcuni servizi sanitari”.

“Bisogna riuscire a conservare memoria di un modo di concepire la malattia mentale che deve restare sepolto nella nostra storia – spiega Fabio Mugnaini professore di antropologia -, non possiamo permetterci di riabilitare quel modello basato sulla separazione, sulla segregazione, sulla rinuncia alla terapia. Allo stesso tempo occorre conservarne traccia e memoria, perchè, secondo quello che si dice, ciò che è successo può tornare ad accadere”.

Cristian Lamorte



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