Riprende al Palazzo di giustizia di Siena il processo sul caso delle presunte torture al carcere di Ranza a San Gimignano ai danni di un detenuto di nazionalità tunisina.
Gli imputati sono cinque agenti della polizia penitenziaria accusati dei reati di lesioni aggravate, falso ideologico e torture, in relazione al presunto pestaggio di un recluso avvenuto nell’ottobre 2018. A sostenere l’accusa è la pm Valentina Magnini.
Domani davanti al nuovo collegio Spina – che subentra a quello in precedenza presieduto da Luciano Costantini – verranno ascoltati altri testimoni, si partirà con quattro funzionari del carcere che porteranno le loro testimonianze e informazioni sul caso. Le successive udienze – tra l’altro – sono già calendarizzate fino alla metà del mese prossimo.
Avviata lo scorso settembre, l’istruttoria dibattimentale si preannuncia lunga e articolata. Particolarmente significativa è stata la deposizione di una dottoressa funzionaria del reparto educativo e pedagogico del carcere, che aveva parlato con alcuni detenuti che assistettero alla presunta tortura ai danni di un recluso tunisino.
Uno di questi reclusi sarebbe stato inoltre colpito con un pugno in viso dagli agenti, perché dalla sua cella avrebbe chiesto loro di fermarsi. In generale era forte il timore che potesse capitare anche a loro un fatto simile. La testimone ha poi raccontato di aver notato una ferita in volto alla vittima del presunto pestaggio, all’altezza dell’arcata sopracciliare, e un graffio.
In seguito ai colloqui avuti con i quattro detenuti che videro la scena, la funzionaria si sarebbe rivolta ai suoi superiori, in particolare al suo capo area e al provveditore per segnalare quanto recepito.