Viaggio nel cuore del caporalato senese: l’altra faccia della vendemmia

L'inchiesta, andrà in onda a partire dalle 21 domani, giovedi 2 settembre, su Siena Tv

Di Simona Sassetti | 1 Ottobre 2025 alle 13:00

Sono le 5.45 del mattino, siamo a Chianciano Terme. La piazzola davanti alla fermata dell’autobus si riempie lentamente di giovani, alcuni giovanissimi, tutti stranieri. Arrivano dal Bangladesh e dal Pakistan, sono fuggiti dalla loro terra, hanno attraversato il Mediterraneo, passando dalla Libia. Adesso si trovano nei Cas della cittadina termale, tra di loro c’è chi è arrivato da pochi giorni, ma è già stato reclutato per lavorare. Dove? Nei campi. Perché ottobre è il mese della vendemmia, periodo di vino, che per gli invisibili significa essere vittima di sfruttamento.

Per questo la Flai Cgil ha organizzato in questi giorni le “Brigate del Lavoro”, presentandosi nei punti di raccolta per distribuire loro materiale informativo tradotto in più lingue e parlare di diritti.
Ieri, ad Arcidosso, nell’Amiata grossetana, il ritrovo era stato ancora più impressionante: oltre 400 braccianti intercettati all’alba nei pressi di Santa Rita, caricati su almeno 25 furgoni e trasportati verso la provincia di Siena: Siena, Castelnuovo Berardenga, Montalcino, Montepulciano.

“È stato emotivamente difficile – racconta Andrea Biagianti, segretario Flai Cgil Siena – vedere una massa umana che al buio, prima dell’alba, viene trasportata in furgoni verso le campagne della provincia di Siena. Oggi, in Valdichiana, la scena è stata diversa: molti prendono l’autobus per poi essere trasferiti sui furgoni”.

Mentre ad Arcidosso gli operai agricoli vivono in piccole abitazioni fornite direttamente dai datori di lavoro, a Chianciano Terme i lavoratori vengono reclutati direttamente dai tre CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria), che si trovano a pochi passi della varie fermate dell’autobus. Molti lavorano senza contratto – o con la promessa di un contratto che “verrà fatto più avanti” – e iniziano la giornata lavorativa alle 8 del mattino. Arrivano all’autostazione di Montepulciano dove salgono nei furgoni, direzione vigneti. Seguono gli ordini di una figura che chiamano “capo”, alcuni raccontano essere di origine araba e che risiede nel cuore di Chianciano Terme,  “ma queste figure – spiega Biagianti – non sono quasi mai i datori di lavoro veri e propri, ma i capisquadra. Molti lavoratori raccontano che lo stipendio non arriva dall’azienda, ma da un collega tramite PostePay, un sistema che rende tutto più difficile da tracciare”. Il fenomeno è reso ancora più complesso dalla presenza delle cosiddette “aziende senza terra”, imprese che non possiedono terreni agricoli ma che forniscono manodopera ad altre aziende agricole. “È un tema enorme – prosegue Biagianti –. Da mesi chiediamo che venga affrontato con strumenti normativi adeguati. Quindici giorni fa è stata istituita la sezione territoriale prevista dalla legge 199/2016 contro il caporalato, e speriamo che da lì possano nascere soluzioni concrete”.

Dalle testimonianze raccolte emerge un sistema gerarchico interno tra i lavoratori: chi conosce l’italiano e vive in Italia da più tempo guadagna di più; chi è appena arrivato e non parla la lingua riceve paghe più basse. In ogni caso, le giornate e le ore effettive non sono mai garantite. Un episodio avvenuto di fronte alle nostre telecamere lo dimostra: un autobus di linea non si è fermato nonostante il cenno di un giovane lavoratore. Dopo pochi minuti, il ragazzo ha ricevuto una telefonata e si è rivolto agli altri dicendo: “Oggi non si lavora”. A quel punto sono rientrati tutti al CAS. Una coincidenza sospetta, considerando la nostra presenza.

Inoltre, nel corso delle Brigate del Lavoro è stato intercettato anche un furgone guidato da un cittadino bulgaro. L’uomo offriva passaggi a lavoratori bengalesi diretti a Montepulciano. “Si è presentato come un semplice lavoratore agricolo – racconta Francesca Zappalà della Fondazione Metes Roma, che accompagna la Flai – e ha detto di fornire solo un servizio di trasporto, senza trarre profitto dallo sfruttamento. Tuttavia, non ha spiegato come intercetta i lavoratori né se richiede un compenso”.

La legge 199/2016 contro il caporalato ha introdotto strumenti importanti per contrastare lo sfruttamento lavorativo, ma sul campo la realtà racconta ancora un sistema ramificato e resistente. “Servono controlli più capillari – afferma Biagianti – e serve soprattutto riconoscere che dietro lo sfruttamento c’è un sistema economico che trae profitto da queste dinamiche. L’istituzione della sezione territoriale è un primo passo, ma ora serve un salto concreto in avanti”.

L’inchiesta, andrà in onda a partire dalle 21 domani, giovedi 2 settembre, su Siena Tv, perchè dietro ogni bottiglia di vino, dietro l’immagine da cartolina dei vigneti senesi, ci sono centinaia di uomini invisibili che lavorano in silenzio, spesso senza contratto, senza tutele, con salari bassissimi e orari massacranti. Si chiamano Rahim, Javed, Ahsan. Hanno poco più di vent’anni, qualcuno forse nemmeno la maggiore età. Ogni mattina, prima dell’alba, lasciano quelle stanze per salire su autobus e furgoni inseguendo un salario e un futuro diverso.

Simona Sassetti

Nasce a Siena nel 1991, lavora a Siena Tv dal 2016. Ha scritto prima sul Corriere di Siena, poi su La Nazione. Va pazza per i cantanti indie, gli Alt-J, poi Guccini, Battiato, gli hamburger vegani, le verdure in pinzimonio. È allergica ai maschilismi casuali. Le diverte la politica e parlarne. Ama il volley. Nel 2004 ha vinto uno di quei premi giornalistici sezione giovani e nel 2011 ha deciso di diventarlo



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