Crisi Enoteca Italiana, la testimonianza di un dipendente

Di Redazione | 22 Dicembre 2017 alle 11:46

Crisi Enoteca Italiana, la testimonianza di un dipendente

“Posto di lavoro perso e una vita minata da questo calvario”

Amarezza e rabbia intorno all’imminente fine della storica Enoteca Italiana a Siena, da tempo nella morsa di una  profonda crisi che ha messo in ginocchio i lavoratori. Le attuali amministrazioni dei principali enti fondatori dell’ente autonomo mostra vini a d.o. e di pregio, ovvero il Comune di siena, la Camera di commercio, la Regione Toscana e la Provincia di Siena, hanno infatti deliberato lo scioglimento dell’ente preposto alla promozione del vino italiano, forte di oltre 500 aziende associate, con oltre 1500 vini di tutta Italia e fondato con regio decreto nel 1933. In assemblea è stato nominato un liquidatore per gestire questa fase complessa, che secondo i lavoratori, sa molto di “eutanasia”:

“Siena – ha commentato un dipendente, Nicola Botarelli – perde un ente di cui sinceramente credo che nessuno degli amministratori in ballo abbia capito il reale valore. A noi dipendenti reduci, quelli che in questi ultimi due anni si sono dati da fare con orari e stipendi ridotti, con strumenti e fondi scomparsi, con amministratori “distratti” e decisamente poco attivi, con la consapevolezza di non avere contributi Inps versati da anni, con stipendi in ritardo cronico medio di 4 mesi, con pressioni psicologiche paurose derivanti da promesse vane ed operazioni fumose dei vertici, che spesso sembravano tutelare più una società a cui è stata data in affitto un’attività di ristorazione, trasformata poi in attività di discoteca, piuttosto che un’attività dell’ente che aveva bisogno di idee, spazi ed energie, con vite private che spesso hanno fatto le spese di questa situazione con scelte economiche obbligate, equilibri familiari e situazioni psicologiche alterati. Ci resta questo: la perdita del posto di lavoro, cosa che avevamo ormai messo in conto, ma che resta comunque un problema enorme, visto che il più giovane di noi ha 41 anni; contributi Inps non versati da anni e che non sappiamo chi mai verserà; nessuno che ci abbia ancora detto quando il nostro rapporto con l’ente si interromperà (forse aspettano il 24 dicembre per farci la sorpresa come fecero ai nostri ex colleghi licenziati qualche anno fa? ), con una mancanza di rispetto nei nostri confronti che si perpetra da anni e che si è concretizzata ad esempio nel dare per scontato ogni mese che non percepissimo lo stipendio, senza che nessuno si preoccupasse di comunicarcelo, come se per noi e le nostre economie familiari fosse indifferente riscuotere o meno lo stipendio; le parole del sindaco di due mesi fa in cui si parlava di procedure di liquidazione che salvaguardassero storia, attività e marchio dell’ente e considerassero la tutela, in primis occupazionale, degli attuali addetti, ma che ad oggi non ha portato a niente di concreto, almeno per quello che sappiamo noi, che siamo i diretti interessati; pagamento stipendi fermo a giugno 2017 + acconto di luglio 2017, con nessuna comunicazione su come si intenda pagare quanto ci è dovuto per gli stipendi già maturati e quelli che stiamo maturando, anzi, con amministratori che ci hanno detto con disarmante leggerezza, che tanto sarà l’INPS a pensare a noi e pagarci 3 mensilità di quelle dovute, come se non sapessero che c’è un tetto che, se va bene, ci consentirà di prendere poco più di una mensilità delle 8/9 mensilità arretrate che probabilmente avremo accumulato al momento del licenziamento, senza considerare la perdita delle ferie non usufruite;  un Tfr che l’azienda non ha colpevolmente accantonato per noi, nonostante lo avessimo anche chiesto espressamente all’amministratore unico che si è trovato a gestire il milione di euro elargito dalla Regione Toscana dopo il licenziamento dei nostri colleghi e quindi la prospettiva che dopo il licenziamento si debba accattare il nostro legittimo Tfr presso l’INPS, perché quello che doveva essere accantonato in azienda è stato usato per fare “altro”. Credo non ci rimanga altro, se non la consapevolezza di aver lavorato per un ente prestigioso e conosciuto in tutto il mondo, che è stato spolpato e distrutto con leggerezza ed incompetenza.

“A me cosa rimane? – continua Botarelli – una vita privata fortemente minata da questo calvario, la difficoltà di trovare un lavoro con uno stipendio ragionevole, che mi consenta di mantenere ciò che resta della mia famiglia, la frustrazione di non vedere nessuno di quelli che hanno affondato l’ente che venga additato come responsabile, l’amarezza di essersi sentito bistrattato e molto spesso preso in giro da chi aveva in mano le sorti dell’ente, la rabbia di vedere chi ha trattato con leggerezza e poco rispetto le nostre vite e che magari si proporrebbe anche come paladino di valori di sinistra, che adesso non si preoccupa nemmeno minimamente di farci avere quanto legittimamente ci spetta ed infine mi rimane la voglia di non mollare un metro. Quella che mi spinge al traguardo anche nelle gare di triathlon più massacranti. Quella che sono sicuro mi farà ripartire e che magari mi darà anche la forza per ottenere quello che legittimamente mi spetta, con le buone o con le cattive.
P. S. In tutto ciò, l’enoteca per ora è ancora aperta, anche se l’assortimento dei vini non è ampio come era prima, quindi per i vostri regali last minute potete ancora ricorrere a noi, come già altri senesi stanno facendo. Poi vedremo… se fossi stato io l’amministratore o il liquidatore, avrei fatto una vendita promozionale prima di chiudere, anche per cercare di pagare qualcosa ai dipendenti ed ai fornitori. Ancora nessuno l’ha fatta, chissà, vediamo”.



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