Fine vita, la scelta di Daniele Pieroni, il silenzio dello Stato: intervista a Marco Cappato

"In questo momento stiamo seguendo sei casi specifici in Italia, persone in attesa di una risposta dal servizio sanitario" queste le parole di Marco Cappato

Di Filippo Meiattini | 12 Giugno 2025 alle 19:15

La storia di Daniele Pieroni ha riportato al centro del dibattito pubblico il tema dell’aiuto medico alla morte volontaria, ma anche l’urgenza di informare, chiarire, spiegare. Era agosto del 2023 quando Pieroni si rivolse all’Associazione Luca Coscioni, chiedendo supporto per comprendere se il suo dolore, la sua condizione, potessero rientrare tra i casi previsti dalla storica sentenza della Corte Costituzionale del 2019. Da quel momento è iniziato un percorso fatto di ascolto, scelte difficili, passaggi istituzionali e, infine, un epilogo reso possibile dalla nuova legge regionale toscana. Ma il caso Pieroni ha anche sollevato critiche politiche, prese di posizione religiose e interrogativi su un diritto spesso ignorato o oscurato. Ne abbiamo parlato con Marco Cappato dell’Associazione Luca Coscioni, per capire cosa è successo, cosa sta accadendo e, soprattutto, cosa potrebbe ancora cambiare.

L’associazione Luca Coscioni è stata contatta da Pieroni nell’agosto del 2023. Da quel momento in poi quale è stato l’iter?
“Ho fornito a Daniele le informazioni su ciò che è già legale in tutta Italia – non solo in Toscana – da ormai sette anni, in seguito a una sentenza della Corte Costituzionale: l’aiuto medico alla morte volontaria per persone affette da patologie irreversibili, con sofferenze insopportabili e tenute in vita da trattamenti sanitari. Nei mesi successivi, Daniele ha intrapreso un percorso diverso, scegliendo le cure palliative. Ma all’inizio di quest’anno, di fronte a una condizione per lui ormai insostenibile, ha deciso di presentare la richiesta, una volta che la legge regionale toscana è stata approvata. In circa un mese, il servizio sanitario ha verificato che sussistessero i requisiti previsti e gli ha quindi fornito l’aiuto necessario per porre fine alle sue sofferenze”.

Il Governo ha impugnato la legge regionale, addirittura dichiarandola anticostituzionale, pensa che la storia di Pieroni possa indurre il Governo a rivedere la sua posizione?
“Mi pare che, sebbene non in modo compatto, ai vertici dei partiti di maggioranza ci sia una chiara ostilità all’idea che una persona possa essere libera di scegliere di interrompere la propria vita in caso di sofferenze insopportabili e irreversibili. Ci sono, certo, eccezioni significative tra alcuni parlamentari o governatori, come Zaia. Il governo, in questo quadro, si sta muovendo su due fronti: da un lato contesta la legittimità costituzionale della legge toscana, dall’altro sembra intenzionato a lavorare a una legge nazionale che rischia però di restringere ciò che oggi è già legale e possibile. Voglio ricordare che, prima della legge toscana, sette persone avevano già ottenuto legalmente l’aiuto medico alla morte volontaria, ma lo avevano fatto affrontando percorsi lunghi e complessi. Per questo credo che il governo sbagli a mettere in discussione la legittimità dell’azione della Regione Toscana: le regioni hanno la responsabilità della gestione del sistema sanitario, così come accade per tutte le altre prestazioni del Servizio sanitario nazionale. Contestare la loro competenza in questo ambito, a mio avviso, non è un’azione fondata”.

Un’altra posizione contraria alla legge sul fine vita è quella della Chiesa. Come la commenta?
“Da sempre le gerarchie ecclesiastiche si mostrano ostili su questo tema, ma poi c’è anche un’altra Chiesa: quella fatta di comunità, di credenti. E proprio attraverso il lavoro fatto nei territori abbiamo incontrato moltissime persone di fede che ritengono importante rispettare la volontà individuale, anche quando riguarda la fine della vita. È evidente la contrarietà del Vaticano, ma credo che sarebbe fondamentale affrontare questo dibattito in Parlamento al di là degli schieramenti politici, come sta accadendo in Francia, dove si discute la legalizzazione dell’eutanasia, o come è già avvenuto in Spagna, in Olanda, in Belgio, in Lussemburgo: Paesi in cui il Parlamento ha potuto discutere liberamente, senza imposizioni da parte dei governi. Come Associazione Luca Coscioni, per contribuire a questo processo, nelle prossime settimane raccoglieremo firme per una legge di iniziativa popolare sull’eutanasia legale, che consegneremo in Parlamento prima dell’avvio della discussione previsto per metà luglio”.

La storia di Pieroni ha aperto la strada ad altre richieste? Si può quantificare quante sono le persone che si rivolgono all’associazione Luca Coscioni per richieste analoghe a quella di Pieroni?
“Ogni giorno riceviamo richieste da persone che ci chiedono aiuto, ma non tutte si trovano nelle condizioni di avere diritto a ottenere ciò che desiderano. In questo momento stiamo seguendo sei casi specifici in Italia, persone in attesa di una risposta dal servizio sanitario. Ma questi sono solo i dati in nostro possesso: purtroppo non esistono dati ufficiali, perché manca completamente un sistema di informazione. Se non ci fosse stata l’attenzione mediatica di questi giorni su questo caso di cronaca, credo che moltissime persone nemmeno saprebbero di avere questo diritto. Sul tema del fine vita esiste ancora un tabù, che è prima di tutto un tabù informativo. Eppure, la conoscenza è fondamentale, soprattutto per le persone più fragili, per chi ha meno relazioni, meno risorse economiche, meno strumenti. È proprio per loro che lo Stato e le Regioni dovrebbero impegnarsi a far conoscere, in modo capillare, i diritti che spettano a ciascuno fino alla fine della vita”.

Filippo Meiattini

Filippo Meiattini è nato a Siena il 13 gennaio del 1999. A febbraio del 2021 è diventato giornalista pubblicista. Non ama parlare di sé, soprattutto in terza persona.



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