In difesa del Palio: impressioni di una non senese

Di Redazione | 29 Ottobre 2018 alle 15:23

In difesa del Palio: impressioni di una non senese

Riceviamo e pubblichiamo:

“Sono le quattro del pomeriggio del venti ottobre, è un’estate tardiva, uno stato di grazia. La piazza non si veste mai di questi colori, il sole non cala mai così obliquo e anziano su queste occasioni. La finestra è aperta e rivestita di velluto, è la cornice sontuosa di un magnifico paesaggio. E si apre sul palazzo, e sulla Torre, che scuote da stamani la città con la voce potente di Sunto.
C’è un fervore diverso, autunnale, inaspettato, che scorre nelle strade, un calpestio che consuma la pietra serena, una curiosità e un’apprensione. È un palio discusso e una scommessa: poteva piovere, poteva fare freddo. Eppure il cielo non è mai stato così limpido in luglio e in agosto; e pare quasi che una provvidenza divina abbia speso una parola d’incoraggiamento, un ammicco affettuoso a riempire le crepe di una città offesa, che ritrova la sua unità possente attraverso la frammentazione di diciassette contrade.

È così bella Siena, oggi.

È bella ancor più che nei giorni dei Palii ordinari, quando si arresta il fluire abituale del tempo, e ogni gesto è scandito da una ritualità millenaria, esasperata e al contempo naturale e identitaria. Oggi, di più. Oggi il sole ritaglia nella piazza un triangolo più ampio di sempre, e acceca migliaia di occhi, nell’attesa sfibrante di pochi secondi, necessaria e divisa tra l’eccitazione e l’apprensione. Cambiano i rumori, si rimescolano le carte del tempo, e del rispetto, e della vita intera, in quei silenzi brevi e lunghissimi, impossibili da comprendere, che sono migliaia di preghiere che sigillano una piazza.

La mossa è lunga; la mossa è per i pochi eletti, che, sui posti migliori dei palchi, contribuiscono all’invenzione, spesso senza mezze misure. E non c’è Palio senza una mossa che poteva esser migliore.
Si fa un Palio che lascia scossi, sgomenti. Un Palio duro da sopportare, di terrore, di dolore, di rabbia, di eccitazione, di liberazione, di bellezza e di gioia. Che sembra non voler finire mai. Un palio dominato da forze irresistibili, fatto della rabbiosa intesa tra chi rimane a terra e chi lì, a correre su quattro zampe. C’è un cavallo che manca, in questa corsa, e uno protagonista: che volge il capo verso i suoi colori e lì ritrova la forza e la direzione per trionfare. Da solo, oltre le aspettative e le abilità umane.

È un palio che lascia tremanti sulle gambe; che poteva andare meglio ma è padrone di se stesso. Una creatura mistica che decide da sola e da sola consegna la vittoria, una creatura che è il frutto del sacrificio e dell’amore, delle divisioni, della perseveranza, della fede. Di zoccoli e di mani. Di teste diverse e uguali. Non è un gioco. Non è una gara. Non è un balocco.
È un’identità.
È una storia.
È un varco spazio temporale.
È una coscienza collettiva.
Passate, come me, in via del Casato ad aspettare le comparse sfilare. Restate, come me ad ascoltare un canto alzarsi, riempirsi, riempirci e commuovere. Avrete gli occhi lucidi e il cuore pieno.
Un canto solo, che resiste al tempo, che ricongiunge il tempo a distanza di secoli.
Rispettate, pur senza capire, la sua grazia e la sua infinita potenza”

S.R.V.



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