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Insulti a partecipante Toscana Pride, le motivazioni del giudice: "Commenti sprezzanti e lesivi"

Depositata la sentenza che ha condannato per diffamazione aggravata a mezzo social, tra gli altri, anche l'attuale assessore Benini e l'ex segretario Lega Nord Francesco Giusti

Di Redazione | 9 Dicembre 2020 alle 22:16

Insulti a partecipante Toscana Pride, le motivazioni del giudice: "Commenti sprezzanti e lesivi"

“Giudizi negativi e sprezzanti, offensivi della reputazione”. Con questa motivazione il giudice monocratico del tribunale di Siena Jacopo Rocchi ha condannato lo scorso 23 settembre con una multa, per il reato di diffamazione aggravata a mezzo social, 5 soggetti che avevano insultato su Facebook il professor Francesco Simoni, docente valdarnese che nel 2018 partecipò al Toscana Pride di Siena vestito da angelo.

Fra i condannati, anche l’attuale assessore a scuola e sport del Comune di Siena, Paolo Benini (al tempo non presente in Giunta) e l’ex segretario cittadino della Lega Nord, Francesco Giusti. Le ragioni del giudice sono state depositate lo scorso 2 dicembre.

Tutto nacque da alcuni commenti apparsi sotto il post di una foto scattata da Giusti al Simoni che, in via Garibaldi, si incamminava verso la parata, immagine poi diffusa nel social network, dove è rimasta quasi 2 anni, visibile anche ai soggetti “non amici”. “Pur non essendo state adoperate espressioni particolarmente gravi – premette il giudice – la vicenda ha determinato una lesione del bene giuridico tutelato. Le condotte degli imputati hanno leso la reputazione della persona offesa, con commenti risolti in un disprezzo per l’abbigliamento adottato in occasione della partecipazione alla manifestazione Toscana Pride. La causa dei giudizi diffamatori (l’associazione ad un animale, gli strali per cui la persona offesa avrebbe dovuto vergognarsi, l’associazione fotografica al manuale dei disturbi mentali) è chiaramente quello di esprimere un giudizio negativo nei confronti di chi si reca vestito da angelo in una manifestazione che ha precise ed inequivocabili istante. Gli imputati – conclude Rocchi – hanno screditato la persona offesa, offendendone la reputazione”.

C.C



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