Mps, la settimana decisiva in vista delle nozze

Lovaglio prepara prepara la dote nuziale e la lista degli invitati

Di Redazione | 18 Ottobre 2022 alle 22:00

Mps, la settimana decisiva in vista delle nozze

Si è aperta con l’approdo in borsa del tanto agognato aumento di capitale da 2,5 miliardi, la settimana decisiva per le sorti del Monte dei Paschi, per garantire un futuro certo alla banca più antica del mondo. E l’esordio non è stato certo dei migliori. Sono crollati in Borsa i diritti dell’aumento di capitale. I titoli, che consentono di sottoscrivere le nuove azioni a 2 euro nel rapporto di 374 azioni ogni 3 diritti, hanno chiuso con un crollo del 91,4%, a 0,67 euro, mentre le azioni sono scese del 2,7% a quota 2 euro, a un passo dalla soglia sotto la quale diventa più conveniente acquistarle in Borsa anziché comprarle in aumento di capitale. Un’ipotesi che trancerebbe di netto il progetto e il piano industriale targato Luigi Lovaglio. L’approdo in un porto sicuro per l’aumento di capitale entro i primi di novembre è la conditio sine qua non per l’amministratore delegato di Rocca Salimbeni per salvare la banca. Un salvataggio che non prevede un progetto stand alone, cioè la possibilità di proseguire con le proprie gambe nel futuro a lungo termine. Anzi, in un domani molto più vicino di quanto si pensi, ci sono le nozze con un altro soggetto bancario, sempre ammesso che Lovaglio riesca a mantenere una buona dote accompagnando il Monte all’altare.

Al matrimonio non sono stati invitati 3500 dipendenti ma sono 4125 quelli che non vogliono presenziare al banchetto nuziale. Sono 625 in più, infatti, rispetto a quelli previsti dal piano industriale, che hanno manifestato il loro interesse ad aderire al fondo esuberi per uscire dalla porta di Rocca Salimbeni entro il 30 novembre. Il fatto è che un terzo dell’aumento di capitale era cooptato proprio per l’esodo volontario del personale ma se la banca volesse accontentare tutti gli oltre 4mila dipendenti, come i sindacati auspicano, il costo dell’operazione potrebbe superare il miliardo di euro. Un nodo da sciogliere, anche questo, in tempi rapidissimi. Prima che l’aumento di capitale sia portato interamente in porto. Ma ad oggi, sull’agenda dei sindacati e su quella di Lovaglio, non è fissato nessun nuovo confronto in questa settimana.

Testimone di nozze, più o meno contento di esserlo, sarà invece la Fondazione Monte dei Paschi che, su spinta di alcuni degli enti nominanti ma non senza qualche mal di pancia, parteciperà all’aumento di capitale con dieci milioni di euro, una cifra ben superiore alle quote azionarie di Palazzo Sansedoni. Sullo sfondo qualche screzio tra Fondazione Stessa e sindaco De Mossi dopo che quest’ultimo aveva esplicitato il proprio disappunto sul fatto che i componenti della deputazione generale nominati da Università di Siena, Università degli Stranieri e Ministero della Cultura, avessero votato contro alla fiche da 10 milioni sull’aumento di capitale. Proprio oggi, però, i dissapori sono stati messi da parte con la conferma nel ruolo di provveditore, o direttore generale, Marco Forte, braccio destro del presidente Carlo Rossi.

Chi non vede l’ora che il matrimonio si celebri quanto prima è infine lo Stato. Il Monte dei Paschi è prossimo a passare ufficialmente dall’essere dossier tra i più scottanti del governo Draghi a dossier tra i più scottanti del governo Meloni. Nell’arco degli ultimi 14 anni, tra Antonveneta, il crac di Lehman Brothers, la crisi dei BTP e dello spread, ma anche le regole dell’Unione europea e il giogo dei crediti deteriorati, il Monte dei Paschi ha bruciato 22 miliardi di euro, di cui 4,8 miliardi dello Stato.

E se quello lanciato in borsa all’inizio della settimana è il settimo aumento di capitale della banca in 14 anni viene da chiedersi quale sia l’effetto salvifico di queste ricapitalizzazioni. Ma la domanda delle domande è: sarà l’ultima prima delle nozze?

Cristian Lamorte



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