San Gimignano, lesioni aggravate alla moglie: il giudice raddoppia la pena richiesta dall’accusa

Un anno e quattro mesi a un trentenne di San Gimignano per l’aggressione in casa, il giudice: “Fatti gravi e nessun pentimento”.

Di Redazione | 20 Ottobre 2025 alle 21:00

San Gimignano, lesioni aggravate alla moglie: il giudice raddoppia la pena richiesta dall’accusa

Un litigio tra marito e moglie, entrambi trentenni e di origini senegalesi, ha portato oggi pomeriggio a una sentenza pesante nell’aula “Vannini” del Tribunale di Siena. La discussione, nata per un banale motivo domestico, si inserisce in una storia familiare già segnata da una forte crisi. Davanti al giudice Simone Spina, la voce della donna, quella di una vicina e dello zio hanno riportato i momenti di tensione vissuti in una casa di San Gimignano. I testimoni hanno risposto alle domande del vice procuratore onorario Massimo Rossini, della difesa rappresentata dall’avvocato Valeria Biagetti e della parte civile, avvocato Monica Fara. Una vicenda familiare che, tra dichiarazioni e referti medici, si è trasformata in un procedimento per lesioni aggravate e ha spinto la giustizia a intervenire ben oltre le richieste dell’accusa.

I fatti risalgono al marzo 2023. Secondo quanto emerso in aula, l’episodio si è sviluppato all’interno dell’abitazione coniugale mentre la donna stava utilizzando il telefono a volume elevato, circostanza che ha originato la discussione. Ne è nato prima un diverbio e poi una colluttazione: entrambi hanno riportato danni ai telefoni e, secondo la denuncia della moglie, l’uomo l’avrebbe afferrata per il collo e le avrebbe provocato ematomi e escoriazioni giudicate guaribili in dieci giorni, come attestato dal referto del Pronto soccorso. La donna ha raccontato di aver chiesto aiuto a una vicina e di essersi recata il giorno successivo in ospedale, dove sono state scattate fotografie delle lesioni. Durante la deposizione, la moglie ha anche riferito di un precedente episodio, risalente al settembre 2017, in cui sarebbe stata colpita con una cintura mentre era incinta del secondo figlio. Il racconto è stato corroborato dalla testimonianza dello zio mentre per le lesioni è stata fondamentale la deposizione della vicina di casa.

L’imputato, ben inserito nella comunità locale, ha reso dichiarazioni spontanee. Ha sostenuto di non aver mai agito con intenzione di nuocere alla moglie e di essere stato lui stesso aggredito, spiegando che nel tentativo di allontanarla la consorte si sarebbe ferita senza che lui se ne accorgesse. Ha inoltre fatto riferimento a una crisi familiare in corso da tempo, legata anche alla decisione di affidare una delle figlie alla madre. Ha negato qualsiasi comportamento violento, specialmente in occasione della gravidanza.

Al termine della discussione, il pubblico ministero ha chiesto una condanna a otto mesi di reclusione per l’imputato. La parte civile, richiamando le testimonianze e la congruenza tra le dichiarazioni della donna e la documentazione medica, si è associata alla richiesta e ha avanzato domanda di risarcimento danni.

La difesa, invece, ha chiesto l’assoluzione per insussistenza del fatto, o in subordine il minimo della pena, sostenendo che la volontarietà dell’azione non fosse dimostrata e che il contesto familiare fosse caratterizzato da crisi e tensioni reciproche, ma non da una condotta finalizzata a ledere la salute della moglie.

Dopo oltre mezz’ora di Camera di consiglio, il giudice Simone Spina ha letto la sentenza: l’imputato è stato condannato a un anno e quattro mesi di reclusione, senza la sospensione condizionale della pena, insieme al pagamento di 5.000 euro come risarcimento alla moglie. Il giudice ha spiegato che la decisione si basa su prove solide: le testimonianze della donna, dei testimoni e i referti medici sono stati considerati credibili e coerenti. La condanna è quasi il doppio rispetto a quanto richiesto dal pubblico ministero, segno che il tribunale ha ritenuto particolarmente gravi i fatti. Non sono state concesse attenuanti, perché, secondo il giudice, l’uomo non ha mostrato pentimento e ha cercato di minimizzare quanto accaduto. Inoltre, il gesto di afferrare la moglie per il collo è stato giudicato intenzionale e molto pericoloso.

Andrea Bianchi Sugarelli



Articoli correlati