Santa Maria della Scala, il futuro prende forma: tre archistar per il nuovo masterplan

Il presidente Cristiano Leone: "Restituiremo spazi invisibili alla città. Da ottobre i primi riallestimenti con la mostra sul Vecchietta"

Di Simona Sassetti | 23 Agosto 2025 alle 17:00

Un grande progetto di trasformazione per uno dei luoghi simbolo di Siena. Il presidente della Fondazione Santa Maria della Scala, Cristiano Leone, ha presentato la visione che guiderà il nuovo master plan del complesso museale, definendo il 2026 come “l’anno del presente”, quando il futuro immaginato diventerà realtà. Al momento mancano ancora metà degli spazi da restituire alla città e quelli già trasformati devono essere riconfigurati per una fruizione più contemporanea. Per questo, sotto la regia dello storico dell’architettura Luca Molinari, il progetto è stato affidato a tre nomi di fama internazionale: lo studio LAN Architecture, autore del restauro del Grand Palais di Parigi; l’architetta francese Odile Decque (Studio Odile Decq), protagonista al Macro di Roma e all’Opera di Parigi; e l’italiano Hannes Peer Architecture, premiato a New York e impegnato anche alle Terme di Caracalla. “Avere queste firme – ha sottolineato Leone – significa non solo puntare su una visione architettonica, ma anche avere degli ambasciatori della nostra città nel mondo”.

La trasformazione è già cominciata. Al Santa Maria è visitabile l’imponente installazione di Jacob Hashimoto, 17 metri di altezza con tremila aquiloni, un’opera “radicale nella sua gentilezza, un gesto d’amore per Siena”. Ad ottobre, in occasione della mostra dedicata al Vecchietta, verrà inaugurato il riallestimento dello spazio monumentale, curato da Giulio Dalvit della Frick Collection di New York: “Un’operazione che restituirà subito un volto nuovo al complesso e che rappresenta il primo passo concreto della trasformazione”.

Per Leone la chiave è l’incontro fra antico e contemporaneo: “Il patrimonio non è un oggetto, ha un potere trasformativo. Ogni progetto contemporaneo deve radicarsi nell’identità del luogo, perché ciò che vediamo oggi diventerà il patrimonio storico di domani. Abbiamo il dovere di proteggerlo e di renderlo comprensibile, senza banalizzarlo, ma offrendo chiavi di interpretazione che lo rendano vivo e vicino a tutti”.

Simona Sassetti

Nasce a Siena nel 1991, lavora a Siena Tv dal 2016. Ha scritto prima sul Corriere di Siena, poi su La Nazione. Va pazza per i cantanti indie, gli Alt-J, poi Guccini, Battiato, gli hamburger vegani, le verdure in pinzimonio. È allergica ai maschilismi casuali. Le diverte la politica e parlarne. Ama il volley. Nel 2004 ha vinto uno di quei premi giornalistici sezione giovani e nel 2011 ha deciso di diventarlo



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