Due ore di udienza densa di emozione e tensione al Tribunale di Siena nel processo per la morte di Simone Corbelli, il contradaiolo del Nicchio deceduto nel febbraio 2020 a soli 49 anni, dopo un lungo calvario iniziato nell’autunno del 2019. L’aula ha vissuto momenti particolarmente intensi quando la madre di Simone, storica commerciante senese, ha seguito l’udienza stringendo tra le mani le foto del figlio sofferente nel letto d’ospedale. La donna, provata dalla discussione, è stata costretta ad abbandonare il tribunale in lacrime dopo aver protestato contro alcune risposte dei consulenti. Presente anche l’ex compagna di Corbelli, visibilmente commossa in più occasioni.
Al termine dell’udienza, la madre di Simone ha pronunciato parole che hanno toccato tutti i presenti: “Desidero solo giustizia per Simone. Vivo ogni giorno nel dolore e non è facile andare avanti. Se mio figlio mi vedesse, mi rimprovererebbe per il fatto che sono sempre triste, ma come posso fare diversamente? La notte dormo con un cuscino accanto, sul quale è impressa la foto di Simone, e in ogni momento appoggio la mano su quel cuscino. So che lui è lì accanto a me”.
Il procedimento, presieduto dal giudice Alessandro Maria Solivetti Flacchi, vede imputati due medici del Policlinico Le Scotte di Siena, assistiti dagli avvocati Vincenzo Bonomei e Riccardo Lottini. L’ospedale è rappresentato dall’avvocato Filippo Frignani, mentre la parte civile è costituita dagli avvocati Alessandro Bonasera e Alfredo Fiorindi per la famiglia Corbelli.
Ieri sono stati ascoltati i consulenti della difesa, i professori Paolo Romagnoli e Carlo Pratesi, sottoposti a una lunga sequenza di domande tecniche da parte di tutte le parti processuali, a partire dal pubblico ministero Niccolò Ludovici.
Il professor Romagnoli, medico legale, ha ripercorso la storia clinica di Corbelli, soffermandosi sui passaggi principali. Secondo il medico legale, la situazione presentava una complessità clinica notevole e i sintomi non consentivano una diagnosi univoca. È stato inoltre sottolineato che la successione degli esami – tra cui una visita otorinolaringoiatrica e una neuroradiologica – rispondeva a un percorso diagnostico articolato. Il professor Romagnoli ha anche evidenziato che il quadro clinico evolse rapidamente verso un edema cerebrale maligno, evento che secondo la letteratura scientifica rimane difficilmente prevedibile e non prevenibile con le attuali conoscenze mediche. “Non esiste nessun trattamento in grado di prevenire un edema di questo tipo”, ha dichiarato.
A seguire, il professor Carlo Pratesi, esperto di chirurgia vascolare, ha illustrato che il monitoraggio del paziente e le scelte terapeutiche adottate sono state conformi alle linee guida internazionali. Pratesi ha evidenziato che in casi simili non è possibile attuare trattamenti sperimentali e che, purtroppo, alcune patologie vascolari possono presentare un decorso infausto nonostante tutte le procedure previste. Ha concluso affermando che, secondo il proprio giudizio tecnico, i medici hanno operato secondo la migliore prassi disponibile.
Nel corso dell’udienza i consulenti hanno risposto con precisione, spiegando i limiti della medicina nella previsione dell’evoluzione di certi quadri clinici.
Alla conclusione delle deposizioni dei consulenti, il giudice Solivetti Flacchi ha accolto la richiesta del pubblico ministero Ludovici di rinnovare la perizia, considerata la scomparsa del consulente tecnico della Procura. La prossima udienza, fissata a metà dicembre, sarà dedicata al conferimento del nuovo incarico peritale. La sentenza, che dovrà stabilire se durante il primo ricovero alle Scotte, siano state commesse omissioni o sottovalutazioni e se la morte del 49enne potesse essere evitata, è prevista entro la metà del 2026.