Il futuro del monitoraggio ambientale passa dallo spazio. Si è aperto oggi, presso il Santa Chiara Lab dell’Università di Siena, il workshop internazionale SPARSE – Surface Plastic Remote Sensing: a way forward for the detection of marine litter and floating matter, in programma fino al 30 maggio. Per tre giorni, oltre 40 esperti nazionali e internazionali si confronteranno sull’utilizzo delle tecnologie satellitari e delle tecniche di telerilevamento per la mappatura dei rifiuti plastici galleggianti negli ambienti marini e acquatici.
“Si parlerà di monitoraggio di plastica e altri rifiuti dallo spazio attraverso tecniche di telerilevamento e tecniche satellitari che l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) sta anche sponsorizzando perché ha diversi altri progetti che guardano a questo problema – spiega la ricercatrice UniSi Luisa Galgani -. L’idea è quella di riuscire a fermare questi rifiuti prima che raggiungano i nostri mari e che comunque siano in una quantità e in dimensioni non più rimovibili. Quindi in questo modo riuscendo ad intervenire per via satellitare, vedendo dove sono queste zone di accumulo di rifiuti, si possono identificare delle strategie di bonifica preventive”.
L’evento, organizzato con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e Future Earth, promuove un dialogo multidisciplinare sulle soluzioni tecnologiche per contrastare la dispersione della plastica in mare. Il programma include sessioni tecniche e tavole rotonde su temi come modellistica oceanografica, analisi spettrale, droni, sensori aerei e integrazione di dati satellitari con osservazioni sul campo.
“È un segnale importante perché noi parleremo principalmente di rifiuti, di macroplastiche, perché sono quelle che si possono vedere dallo spazio – prosegue Galgani -. È importante rimuoverle perché così non si formano le microplastiche che quelle, una volta che sono entrate nei nostri sistemi ambientali, non si rimuovono più. Cerchiamo di mettere insieme una comunità di scienziati e ricercatori che guardano a questo aspetto tentando di trovare delle soluzioni comuni perché l’idea è quella di mettere insieme colui che fa modelli matematici, colui che va in campo e prende campioni per vedere quanta plastica c’è, colui che studia la plastica dallo spazio e riuscire a trovare un punto comune per l’esigenze che abbiamo, e anche, magari, per poter riuscire a finanziare una piccola missione satellitare proprio su questo problema.”