Caso Ranza, le arringhe degli avvocati degli agenti: "Nessuna tortura sul tunisino"

I difensori hanno evidenziato il critico contesto del carcere sottolineando che il recluso dopo i fatti non ha registrato sofferenze fisiche nè psicologiche: "E non è mai rimasto senza vestiti"

Di Redazione | 24 Gennaio 2023 alle 22:30

Caso Ranza, le arringhe degli avvocati degli agenti: "Nessuna tortura sul tunisino"

Caso Ranza, lunga giornata di discussione oggi in Tribunale a proposito dell’annosa vicenda del trasferimento di cella di un detenuto tunisino dell’ottobre 2018, da cui sono scaturite pesanti accuse agli agenti della Polizia Penitenziaria del carcere valdelsano, cinque dei quali a giudizio per tortura, lesioni, minaccia e falso ideologico.

In aula, fin dalla mattina, hanno preso la parola i primi due avvocati difensori degli imputati per le arringhe, con l’obiettivo di respingere le contestazioni per cui la Procura ha chiesto la mano pesante (condanne da 6 agli 8 anni). I legali Nicola Anelli e Fabio D’Amato, per uno dei cinque, hanno trattato in punta di diritto il reato di tortura, negando che questo possa qualificarsi per tale fattispecie, entrando poi nel dettaglio della vicenda, evidenziando il difficile contesto carcerario in cui si trovavano ad operare gli agenti e l’assenza di elementi che dimostrino la violenza sul recluso, che non avrebbe avuto successivi segni di sofferenze fisiche nè psicologiche, nè disturbi di alcun tipo. E si è negato con forza che il nordafricano, reputato non collaborativo durante il trasferimento di cella effettuato per motivi di ordine, sia mai rimasto nudo e senza vestiti. L’avvocato Manfredi Biotti (difensore degli altri quattro), che proseguirà il cuore della sua arringa a febbraio, si è soffermato in premessa sulla mancata disponibilità di immagini delle telecamere di sorveglianza che riprendono l’intera giornata, filmati che a suo dire avrebbero testimoniato il pregresso dei fatti e la difficile situazione nella casa circondariale.

C.C



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