La prof.ssa Carla Fineschi: "Pochi sostegni psicologici per i poliziotti penitenziari"

Di Redazione | 23 Settembre 2019 alle 20:38

La prof.ssa Carla Fineschi: "Pochi sostegni psicologici per i poliziotti penitenziari"

L’analisi della psicoterapeuta ai microfoni di Siena Tv: “Spesso gli agenti non hanno la formazione psicologica per gestire il dolore e l’angoscia dei detenuti. Lavoro duro e poco riconosciuto”

L’inchiesta sui poliziotti penitenziari di Ranza riapre la discussione sulla difficile situazione vissuta da detenuti e forze dell’ordine in molte case di reclusione. A parlarne ai nostri microfoni è la professoressa psicoterapeuta ed educatrice Carla Fineschi, per anni impegnata nelle carceri.

“L’impatto con la vita in carcere è difficile e dura – spiega – essendoci la privazione di un bene prezioso, al di là del giudizio etico e morale chi è colpevole viene privato della libertà personale. Ci sono gli operatori sociali per aiutare i detenuti. L’impatto è fortissimo, percorrere quelle mura sapendo che se ne potrà uscire dopo anni è angosciante. La vita in carcere comunque è migliorata. Quando entrai a lavorare in carcere nel 1989 c’erano più episodi di autolesionismo, messi in atto per sentire meno l’angoscia. Ora c’è meno attenzione nel prevenirli, data dalla superiore popolazione detentiva rispetto alla capienza e a spazi più stretti. Anche la convivenza per i carcerati è difficile, è sempre con persone diverse”.

“Mancano invece aiuti e sostegni alla polizia penitenziaria – sottolinea – E’ un lavoro duro e poco riconosciuto socialmente. Molti poliziotti, troppo giovani, vengono esposti al dolore e all’angoscia dei detenuti , ma non sono spesso psicologicamente preparati per gestire la situazione, e talvolta si creano episodi di violenza, che comunque si sono attenuati nel tempo. Ora i poliziotti penitenziari sono più acculturati. Si devono dare degli obiettivi al carcere, che sono quelli di rieducare”.



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