Parte da Siena il coordinamento toscano per la raccolta dei dati del trattamento anti-Epatite C

Università e Azienda ospedaliero-universitaria Senese impegnate nel progetto europeo CARE

Di Redazione | 17 Dicembre 2020 alle 10:05

Parte da Siena il coordinamento toscano per la raccolta dei dati del trattamento anti-Epatite C

Parte da Siena il coordinamento toscano per la raccolta dati relativi al trattamento anti-Epatite C (HCV) per il progetto europeo CARE. L’Azienda ospedaliero-universitaria Senese e l’Università degli Studi di Siena, grazie all’attività di un gruppo di virologi ed infettivologi guidati dal professor Maurizio Zazzi e dalla dottoressa Barbara Rossetti, proseguendo sulla strada tracciata dal compianto professor Andrea De Luca, hanno coordinato la costruzione di una coorte di pazienti trattati per HCV da confrontare con pazienti non trattati provenienti da Russia e Ucraina.

«Per monitorare l’efficacia dei trattamenti anti-HCV a nelle diverse aree europee abbiamo aderito al progetto CARE (Common Action against HIV, TB, HCV across the Regions of Europe), finanziato nell’ambito del programma Horizon 2020, che ha riunito 12 partner in Europa e Russia – spiega il professor Maurizio Zazzi -. La finalità del progetto è sviluppare le raccomandazioni per la prioritizzazione dei pazienti con infezione cronica da HCV da trattare nei Paesi con risorse limitate. I dati raccolti – prosegue Zazzi – derivano dai centri infettivologici ed epatologici toscani ed ammontano ad oltre 5000 casi, circa un terzo dei trattamenti finora effettuati nell’intera regione, mostrando un’efficacia superiore al 99%».

La base dati contribuirà agli scopi del progetto CARE e potrà essere utilizzata anche a livello regionale ad integrazione delle politiche di monitoraggio e programmazione della terapia anti-Epatite C. «L’Epatite C è un’infezione del fegato causata da un virus che si può trasmettere tramite il sangue, i rapporti sessuali o, raramente, da madre a figlio alla nascita – aggiunge la dottoressa Rossetti -. L’incubazione varia da due settimane a sei mesi; l’infezione si risolve spontaneamente solo nel 20% dei casi, mentre nella maggior parte dei pazienti ha un andamento cronico con possibili gravi complicanze epatiche tra cui cirrosi e tumore del fegato e, talora, anche malattie extraepatiche. La disponibilità di una cura efficace nei confronti di HCV – conclude Rossetti – è un successo scientifico ed una straordinaria occasione per la sanità pubblica. I nuovi farmaci per l’Epatite C sono molto ben tollerati ed in grado di eliminare definitivamente l’infezione da HCV nel 97-98% dei casi. L’eradicazione del virus rappresenta sia un beneficio diretto per il singolo paziente, prevenendo la progressione e le possibili complicanze, sia un beneficio per la salute collettiva, perché riduce la circolazione del virus. Grazie alla terapia si ottiene anche un risparmio a medio-lungo termine sui costi di ospedalizzazione correlati all’infezione. L’accesso alla moderna terapia anti-HCV non è tuttavia ancora garantito in tutte le aree geografiche. In particolare, i dati delle Nazioni Unite indicano negli ultimi anni un forte peggioramento dell’epidemia nell’Europa dell’Est e in Russia».



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