Presunta discriminazione sessuale al seggio elettorale, la ricostruzione dei fatti della presidente

Un trans ha denunciato ad Arcigay delle presunte discriminazioni subite durante le operazioni di voto: la presidente del seggio dà la sua versione dei fatti e respinge le accuse

Di Redazione | 22 Settembre 2020 alle 18:41

Presunta discriminazione sessuale al seggio elettorale, la ricostruzione dei fatti della presidente

Presunta discriminazione sessuale al seggio elettorale denunciata da un trans ad Arcigay (LEGGI QUI) la presidente del seggio n.42 di Siena interviene, con una rettifica, per fornire la sua ricostruzione dei fatti e precisare quanto segue:

“Innanzitutto non corrisponde al vero la circostanza che l’elettrice sia mai stata chiamata ad alta voce con il proprio nome da un qualsiasi componente del seggio. L’elettrice è entrata nella sala a seguito della seguente frase pronunciata da una scrutatrice “una donna può entrare”, identificandosi quindi spontaneamente come donna. L’elettrice è stata poi identificata mediante il documento d’identità, senza che, anche in tale circostanza, fosse in alcun modo pronunciato il suo nome. Inoltre la scrivente Presidente, al momento dell’introduzione della scheda elettorale all’interno dell’urna, non è solita pronunciare la tipica frase “Il/La Signora/Signore Tizio/a ha votato”, in quanto ritenuta personalmente una palese violazione della privacy ed anche in tal caso infatti non è avvenuto”.

“Anche per quanto riguarda la ricostruzione dei fatti verificatisi domenica pomeriggio, questa risulta imprecisa e in gran parte falsa. L’elettrice accedeva, come sopra, alla sala e manifestava ad una scrutatrice, durante la registrazione dei suoi dati, un imbarazzo nell’essersi posizionata davanti ad un registro contenete nomi femminili. Circostanza questa non dipendente dalla volontà del seggio, bensì in linea con le istruzioni impartite allo stesso. La scrutinatrice invitava l’elettrice a rivolgere la lamentela alla Presidente di seggio. Si avvicinava dunque alla scrivente Presidente dove quest’ultima svolgeva le proprie mansioni ed esponeva il proprio imbarazzo rispetto alla suddivisione uomo donna, bloccando così il passaggio degli elettori in entrata e uscita dall’urna. Quindi la scrivente chiedeva all’elettrice di terminare l’operazione di voto, promettendole che al termine sarebbe uscita dal seggio con lei per parlare del suo disagio”.

“L’elettrice terminava l’operazione di voto e collocandosi sulla porta di uscita del seggio, non vedendo uscire immediatamente la presidente, faceva avvicinare un’altra ragazza in suo supporto la quale, nell’intento di attirare l’attenzione del presidente, si accingeva ad accedere alla sala. La scrivente Presidente chiedeva dunque a quest’ultima ragazza se fosse un’elettrice di quel seggio, la ragazza rispondeva di no e si giustificava rappresentando di essere la fidanzata dell’elettrice che aveva contestato la divisione uomo donna. La scrivente quindi rappresentava a quest’ultima l’impossibilità di farla accedere alla sala e invitava entrambe ad attendere fuori, ribadendo che non appena possibile (ovvero non appena lo vicepresidente avesse potuto sostituirla nelle sue mansioni) le avrebbe raggiunte. Così avveniva. Dopo forse due minuti di attesa, la scrivente raggiungeva le due ragazze all’esterno della sala. Queste rappresentavano il disagio di tutti coloro che, intraprendendo un percorso di cambio sesso, dovevano rispettare la suddivisione uomo donna che viene fatta nei seggi elettorali, affermando che quindi dovrebbe essere eliminata tale distinzione. La scrivente rappresentava che, pur essendo dispiaciuta dell’accaduto e del loro disagio, non era in suo potere poter eliminare tale distinzione trattandosi di una regola impartita “dall’alto” e valida su tutto il territorio nazionale e quindi, nell’intento di dare loro un valido suggerimento per evitare in futuro tale problema, le consigliava di rivolgere la lamentela a chi stabilisce queste regole e può dunque modificarle, ossia il Ministero. Le ragazze insistevano nella loro lamentela, senza però chiedere alcuna verbalizzazione. L’atteggiamento diveniva sempre più accusatorio nei confronti della scrivente che, a loro dire, avrebbe dovuto non effettuare tale suddivisione”.

“In tale circostanza di dialogo la scrivente ha espresso un concetto che, sorprendentemente, per come riportato dalla Vostra testata giornalistica, è stato gravemente travisato: ad ognuno di noi alla nascita viene assegnato un genere sui documenti e purtroppo, sino a quando questo non viene modificato sugli stessi, in tutte le circostanze istituzionali si creano tali situazioni poco piacevoli. La ragazza (non elettrice del seggio) iniziava quindi ad accusare ripetutamente la Presidente di essere transfobica, minacciandola di denunciarla ai Carabinieri. La Presidente dunque rappresentava alle ragazze che i Carabinieri erano presenti all’interno del seggio e che, se quella era la loro intenzione, avrebbero potuto rivolgersi a loro. Le ragazze quindi si allontanavano, di loro iniziativa, per raggiungere i Carabinieri ivi presenti”.

“Dopo poco, sentendo delle urla provenire da fuori, la scrivente usciva nuovamente dalla sala per capire cosa stesse succedendo e si accorgeva che le urla provenivano dalle due stesse ragazze che stavano animatamente discutendo con i Carabinieri. La scrivente dunque si avvicinava ai Carabinieri e alle ragazze chiedendo nuovamente spiegazioni; la ragazza (non elettrice del seggio) rivolgeva alla Presidente le medesime offese, questa volta davanti ai Carabinieri, invitandola anche ad  andarsene, tanto che i Carabinieri dovevano intervenire per invitare la ragazza a placare i toni e a cessare le offese. Evidenzio che gran parte del dialogo è avvenuto con la ragazza non elettrice che, secondo le regole del seggio elettorale, non avrebbe neppure potuto sostare nei locali del seggio, mentre l’elettrice si rivolgeva alla scrivente solo su sollecitazione della compagna. Evidenzio altresì che mai è stato chiesto dall’elettrice di verbalizzare qualcosa, ed anzi, la scrivente è più che certa che l’elettrice non sia neppure in grado di sapere chi fosse il segretario di seggio tra le persone presenti nella sala, non essendosi mai rivolta alla stessa per nessun motivo”.

“In ogni caso, la scrivente Presidente, in conformità alle regole di seggio e con estrema correttezza nonostante le ingiurie ricevute, rientrava all’interno della sala del seggio e provvedeva immediatamente a verbalizzare la lamentela sollevata dalle due ragazze, circostanza questa incontestabile risultando da atti pubblici già depositati presso i competenti Uffici, al contrario di quanto riferito alla Vostra testata. Pare ultroneo evidenziare che tutta la ricostruzione di cui sopra è avvenuta alla presenza di elettori, componenti di seggio e Forze dell’Ordine che potranno eventualmente confermare le circostanze”.

“Al di là della verità dei fatti che, anche per l’attività professionale che svolgo, è per me fondamentale, mi preme quindi altresì evidenziare che la scrivente, in tutta questa vicenda, ha peccato soltanto nell’aver tentato di conversare con le ragazze al fine di farle pervenire alla miglior soluzione affinché la loro rimostranza fosse realmente arrivata nelle giuste sedi e quindi ascoltata e valutata con serietà e attenzione. Qualora la scrivente fosse realmente “transfobica”, così come è stata definita, è evidente che non avrebbe certamente invitato le ragazze a parlare dell’argomento in una condizione di maggiore tranquillità e riservatezza all’esterno della sala, interrompendo tra l’altro per un prolungato tempo le proprie mansioni, dando loro anche consigli sul da farsi.

“Forse un atteggiamento più disinteressato che si fosse limitato alla verbalizzazione dei fatti, avrebbe però certamente tutelato maggiormente la sottoscritta che oggi si trova ingiustamente accusata con diffamazioni a mezzo stampa”.



Articoli correlati