Siena, la storia di Rocco Derek Barnabei manifesto per i diritti dei detenuti

Durante l'iniziativa dal titolo “Pena e Speranza, la vita in carcere, le riforme necessarie” promossa dall'Arcidiocesi era presente la Fondazione Rocco Derek Barnabei nata nel 2001 e che continua ad avere un ruolo fondamentale nella lotta contro la pena di morte

Di Lorenzo Agnelli | 11 Febbraio 2025 alle 11:30

Era il 23 luglio 2001 quando a Siena venne istituita la Fondazione Derek Rocco Barnabei e che, da quasi 25 anni, continua a battersi contro la pena di morte e per affermare i diritti inalienabili delle detenute e dei detenuti. Porta il nome di Rocco Derek Barnabei, l’italoamericano di origini senesi che sul finire del secolo scorso fu al centro di un caso giudiziario rocambolesco terminato nel peggiore dei modi il 14 settembre 2000 con la pena capitale. La Fondazione, guidata da Anna Carli, era presente all’iniziativa dal titolo “Pena e Speranza, la vita in carcere, le riforme necessarie” promossa dall’Arcidiocesi per dare il proprio contributo a sostegno della moratoria e dell’abolizione della pena di morte e per la lotta ad una vita più dignitosa delle persone nelle carceri.

“La storia di Rocco Derek Barnabei è ormai una storia che purtroppo si è conclusa tragicamente con la sua uccisione, perché io credo che si possa dire così della sua condanna a morte del 14 settembre del 2000 – spiega Anna Carli, Presidente della Fondazione Derek Rocco Barnabei -. Però Derek, durante la prigionia, ha scritto un bellissimo diario in cui ha lasciato non solo le sue impressioni, ma ha evidenziato anche quello che vedeva come sofferenza sua e dei suoi compagni di carcere. Lui ha sempre aspirato che la sua morte, se così doveva essere, non fosse inutile. Tanto è vero che nella sua tomba ha voluto che fosse scritto “La lotta va avanti”. E ovviamente intendeva sì, la lotta contro la pena di morte va avanti, ma intendeva anche una lotta contro tutte quelle condizioni di vita del carcere che non rispettano la dignità della persona e che rasentano proprio la disumanità. Sicuramente è un ritorno al passato che ha un collegamento stretto con l’immediato e con il futuro, e il Giubileo dei Detenuti di dicembre è un’occasione bella per ritornare a ragionare su queste tematiche”.

All’interno della discussione sono finite anche le parole del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro delle Vedove, di qualche mese fa, proprio a riguardo del trattamento della polizia penitenziaria nei confronti dei detenuti. Delmastro in quell’occasione ribadì come “l’idea di far sapere ai cittadini come viene trattato chi sta dietro quel vetro oscurato, come non venga lasciato respirare chi sta dietro quel vetro oscurato, è per lo stesso sottosegretario una intima gioia”. Frasi non gradite dalla Fondazione.

“Io ho avuto un’impressione terribile. Ovviamente sentirlo dire da un membro del Governo è ancora più terribile – denuncia Anna Carli -. È importante che ci siano le leggi e che quelle leggi puntino ad obiettivi che sanino veramente certe situazioni di disagio. Ma è importante che ci siano cittadini che si rendono conto culturalmente di quello che sta avvenendo e che soprattutto abbiano idee chiare per sapere, per saper giudicare e per capire che non solo politicamente, ma prima di tutto umanamente, certe affermazioni non si possono fare”.

Lorenzo Agnelli

Giornalista pubblicista iscritto all'ordine dal 2020. Esperienza nel ruolo prima come corrispondente locale dalla Val d'Orcia e poi all’interno della redazione di Radio Siena Tv. Prendere parte alle discussioni e conoscere a fondo i fatti sono stati i fattori scatenanti della sua personale passione verso il giornalismo, concentrandosi principalmente sui fatti di cronaca che riguardano la collettività, come la politica e le sue incoerenze, materie da spiegare e rendere accessibili a tutti. Ama la città in cui lavora, Siena, e la sua terra, la Val d’Orcia, luogo capace di offrire bellezza paesaggistica ma anche umana, difficile da spiegare, ma che non si stanca mai di raccontare.



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