Torture a Ranza, in aula il video del pestaggio. Pm chiede condanne da 1 anno a 3 per 10 agenti

Durante la requisitoria, la Procura ha mostrato il filmato del presunto pestaggio. In aula presente il giovane tunisino vittima dell'aggressione. I legali dei poliziotti: "Nessun reato"

Di Redazione | 27 Gennaio 2021 alle 21:45

Torture a Ranza, in aula il video del pestaggio. Pm chiede condanne da 1 anno a 3 per 10 agenti

Si è tenuto oggi, al Tribunale di Siena, un nuovo ed importante passaggio dell’udienza preliminare del processo stralcio sulle presunte violenze e torture commesse l’11 ottobre 2018 da un drappello di agenti di Polizia Penitenziaria al carcere di Ranza, a San Gimignano, a danno di un detenuto tunisino di 30 anni in quel momento isolato nel reparto di media sicurezza per alcuni lievi reati. Si tratta del primo procedimento in assoluto in Italia dove si contesta a degli appartenenti alle forze dell’ordine il reato di tortura.

Mentre per 5 operatori scatterà la fase dibattimentale a maggio, per altri 10 – accusati in concorso, oltre che di tortura, di lesioni aggravateè stato richiesto il rito abbreviato. In aula, la pm titolare dell’inchiesta, Valentina Magnini, ha fatto le sue richieste di condanna: 1 anno e 10 mesi, per un agente, 2 anni e un mese per un altro, 3 anni per gli altri otto. Nel corso della requisitoria, il pubblico ministero ha mostrato i frammenti di video delle telecamere di sorveglianza interne al carcere, che mostrerebbero il momento incriminato, durante un presunto trasferimento di cella di un detenuto considerato pericoloso, tesi respinta dai suoi difensori: prima si vede il ragazzo quando viene preso e trascinato di peso, poi l’inizio del pestaggio, con il gruppo di agenti in azione a “falange” (secondo la difesa della vittima) sul giovane riverso a terra, che viene rialzato ed è senza pantaloni.

Un’aggressione che per i magistrati sarebbe stata in grado di provocare “sofferenze acute alla vittima”, attraverso un “trattamento inumano e degradante”. “In isolamento ce lo hanno arbitrariamente messo le guardie 15 giorni prima, non ci doveva stare” assicura l’avvocato Raffaella Nardone, per la quale i calci e le botte rappresenterebbero “un atto dimostrativo di forza” teso ad affermare il controllo e l’autorità dei secondini sulla popolazione carceraria.

In aula era presente anche il giovane tunisino, che particolarmente scosso dopo la visione dei filmati, ha deciso di rinunciare a partecipare alle prossime udienze e a tutt’oggi è traumatizzato, tanto che si sottopone a delle cure. “La notte ha paura che lo vengano a picchiare” racconta l’avvocato. In programma il 10 febbraio la discussione delle difese, il 17 febbraio si andrà a sentenza. “Rivedere quel video – ha commentato Nardone – è stato qualcosa di agghiacciante, se si pensa che a commettere certe azioni sono pubblici ufficiali che dovrebbero invece tutelarci. Quei filmati mostrano una versione dei fatti completamente diversa da quella ricostruita dagli imputati”. “Ci difenderemo nel miglior modo possibile – afferma Manfredi Biotti, uno dei legali degli agenti a processo – vogliamo dimostrare che non ci riteniamo colpevoli di reati, i 10 operatori non hanno avuto condotte illecite”.

C.C

 



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