Tra il 2011 e il 2018 sparite 400 attività commerciali in provincia di Siena, 59 in città

Di Redazione | 25 Luglio 2019 alle 17:38

Tra il 2011 e il 2018 sparite 400 attività commerciali in provincia di Siena, 59 in città

I dati di Confesercenti. Nannizzi: “Vivibilità e attrattività passano anche per la salvaguardia del commercio. La politica intervenga”

“I centri abitati si stanno trasformando in distributori di cibo più o meno locale. Il commercio di altro genere  soccombe allo shopping on line ed alla scarsa attenzione per il settore. Bisogna intervenire, ne va della qualità della vita e dell’immagine del nostro territorio”. Così Leonardo Nannizzi, Presidente provinciale di Confesercenti, evidenzia lo scenario denunciato dall’associazione di categoria: su scala nazionale una media di 14 negozi che ogni giorno chiudono i battenti, 32 mila esercizi in meno nell’arco di 8 anni. “In altre parti d’Italia il  fenomeno è ancora più vistoso – osserva – ma il fenomeno è evidente anche in provincia di Siena. Nei loro consumi le famiglie, che oggi spendono 2500 euro in meno all’anno, sono  sempre più condizionate da scontistiche on line, da outlet o grandi catene, che magari fanno anche perdere di vista il reale rapporto costo-beneficio su ciò che si compra, e che sicuramente penalizzano il commercio tradizionale ”.

In particolare, tra il 2011 e il 2018 su scala provinciale sono sparite complessivamente quasi 400 attività commerciali, riducendosi a 7753. Questo nonostante che le aziende con sede principale nel territorio siano cresciute (a fine 2018 erano 5235). a differenza di quanto avvenuto nel solo capoluogo. A Siena città infatti le imprese commerciali “native” sono  passate da 1157 a 1098 (-59), a fronte di una lieve crescita di punti vendita complessivi (da 1737 a 1745, + 8) presumibilmente presenze locali di imprese non senesi, che dirottano per lo più altrove i loro guadagni.

“Un negozio che chiude significa in media 3 lavoratori senza reddito – osserva il Presidente di Confesercenti Siena –  e  purtroppo constatiamo che molti dei negozi di  nuova apertura sono costretti a chiudere nei successivi tre anni. Questo ha ricadute negative per l’economia locale, e quindi anche per la capacità di un luogo di essere attrattivo e offrire servizi di interesse generale, specie qui che l’età media cresce  – osserva Nannizzi – per contro, a trarre beneficio sono per lo più soggetti tanto grossi quanto lontani da noi. Preoccuparsi delle infrastrutture che servono il nostro territorio è sicuramente prioritario, ma la politica deve anche rendersi conto che vanno adottate anche altre misure. Che siano il censimento degli esercizi storici per favorirne la salvaguardia, riduzioni di imposte e adempimenti, rilancio della qualificazione professionale o recupero del potere d’acquisto per le famglie, sicuramente qualcosa va fatto partendo da stimoli concreti che dal Governo possano arrivare alle amministrazioni locali”.

 



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