Festa 2 giugno in Piazza Duomo, le parole del Prefetto Armando Gradone

Di Redazione | 2 Giugno 2018 alle 13:23

Festa 2 giugno in Piazza Duomo, le parole del Prefetto Armando Gradone

Presenti al gran completo le autorità locali

In piazza Duomo, alla presenza delle principali autorità locali, si è tenuto la celebrazione per il 2 giugno. Questo il discorso pronunciato dal prefetto Armando Gradone:

“E’ un grande onore per me condividere con voi, ancora una volta, in questa splendida terra di Siena, la festa della Repubblica. Giunga a tutti voi un grato e riconoscente saluto. Il 2 giugno ricordiamo un Paese che seppe recuperare la dignità e l’orgoglio che venti anni di rovinosa dittatura avevano gravemente svilito. Grazie alla forza morale, alle passioni, agli ideali di quella generazione di uomini e di donne, l’Italia risorse dalle macerie, riconquistò il prestigio ed il ruolo che spetta ad una grande Nazione, fu protagonista della nuova Europa della democrazia, della pace e del benessere.

L’Italia che seppe ritrovare lo spirito democratico della Nazione, l’Italia dei nostri nonni e dei nostri padri, ebbe l’orgoglio, il coraggio, la tenacia di rimettersi in cammino e dare il meglio di sé per la crescita materiale, morale e civile del Paese, mettendo in moto un processo di sviluppo così impetuoso e diffuso da assurgere a modello nel mondo di creatività, fantasia, capacità di fare.

Bellissima, di quell’Italia, l’immagine suggerita da Giorgio Ruffolo: come in un formicaio sconvolto, un’ondata di attività brulicanti scatenò un impeto di vitalità, producendo un miracolo. Anzi due. Oltre alla straordinaria ripresa dell’economia, l’Italia, nel mezzo della guerra fredda, trovò la forza e l’intelligenza di approvare una Costituzione democratica sulla base di un’intesa tra tutte le componenti politiche che avevano concorso, sia pure con visioni e prospettive diverse, alla liberazione dal nazifascismo.

Molti italiani, specie del Sud, conobbero quello sviluppo nelle Regioni del Nord. Ovunque, si meritarono il rispetto degli altri per la loro voglia di fare, per la loro capacità di lavoro, per la loro sensibilità e generosità umana, fornendo nuova linfa al processo di unificazione culturale e civile del Paese.

Per milioni di italiani, anche del Nord, l’anelito a nuove occasioni di crescita significò l’abbandono della propria terra. Per tanti di loro, il confronto con culture e valori assai diversi non fu privo di amarezze, sofferenze, privazioni. In ogni parte del mondo, in Europa ed oltreoceano, il lavoro di quegli italiani, la loro intelligenza e forza vitale, ha rappresentato un fattore di crescita di straordinario ed indiscusso valore.

Da allora altre generazioni hanno preso il posto di quella che ha conosciuto il fascismo, la guerra, la resistenza e la rinascita democratica del Paese. Nessuna delle nuove generazioni, né quella del c.d. boom economico, né quella che si è a lungo battuta per l’affermazione di nuovi diritti, né quella dell’euro e del web, hanno vissuto l’esperienza della paura, della fame, della privazione della libertà.

Tuttavia, anni di crisi ci offrono oggi l’immagine di un Paese in affanno, incerto sul futuro, confuso sul suo destino nel contesto europeo.

Inutile negarlo, le condizioni di vita delle famiglie sono state duramente compromesse dalla lunga crisi economica che ha attraversato l’Italia e gli altri Paesi europei.

Nuove povertà, precariato, disoccupazione, rappresentano la tragica realtà di tanti, di troppi italiani, mettendo spesso gli uni in conflitto con gli altri: giovani contro anziani, disoccupati contro occupati, lavoratori contro pensionati. Soprattutto, è innegabile che i nati a cavallo del millennio, ventenni e trentenni, vivono con crescente frustrazione la mancanza di valide prospettive di lavoro e di futuro. Difficoltà di accesso nel mondo del lavoro, discontinuità contributiva, scarsa qualità del lavoro disponibile, bassi salari, rappresentano una drammatica ipoteca sul futuro delle nuove generazioni e sulle prospettive di crescita del Paese.

Uno spreco enorme di capitale umano che in Italia si coniuga con il minor tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro dell’Unione Europea e, insieme, con uno tra i più bassi tassi di natalità al mondo. Più in generale, sempre più famiglie vivono con malcelata insofferenza l’allargamento della forbice nella distribuzione dei redditi tra le fasce più alte e quelle più basse della società, e tanto più per la diffusa percezione dell’impossibilità, senza un valido capitale di relazione, di costruirsi un futuro migliore sulla base dei meriti, delle competenze e delle capacità di ciascuno.

Una questione, quella della crescita delle disuguaglianze, che in Italia rimanda al persistente divario tra Nord e Sud: un gap che si registra non solo nella disponibilità di reddito e di ricchezza, ma anche nell’esercizio degli stessi diritti di cittadinanza a causa della minore quantità e qualità di servizi di pubblica utilità. L’intera Europa è caratterizzata, in questa fase storica, da spinte centrifughe in cui si saldano frustrazione, risentimento e rabbia verso tutto ciò che viene percepito come causa di impoverimento ed esclusione sociale, affievolimento dei legami tra gruppi di cittadini, minaccia alla propria sicurezza e persino alla propria identità.

In tutte le democrazie occidentali cresce la domanda di protezione contro gli squilibri sociali ed economici generati dall’economia globalizzata, contro la perdita di posti di lavoro legata alla diffusione delle nuove forme di intelligenza artificiale, contro le difficili e complesse dinamiche che accompagnano l’esperienza dell’immigrazione, contro la minaccia terroristica.

Paradossalmente, l’apertura dei mercati, la libera circolazione di persone, beni e servizi, il progresso tecnologico, pilastri fondamentali della costruzione europea e formidabili motori di pace e di prosperità dal dopoguerra ad oggi, sono percepiti nell’attuale momento storico come causa del crescente divario sociale ed economico presente nei diversi Paesi europei ed una delle principali minacce alla coesione sociale e alla stessa integrità nazionale. Ne sono prova eloquente il trauma della Brexit, i fermenti separatisti della Catalogna e, più in generale, la rinascita dei nazionalismi.

Dietro la domanda di protezione e sicurezza che caratterizza il tempo presente, in Italia come in altri Paesi europei, vi è in realtà la richiesta di maggiore uguaglianza sociale; vi è la rivendicazione a rendere effettivi, in una cornice di trasparenza ed equità, quei legami di solidarietà tra gruppi sociali che danno forza e sostanza agli ideali di libertà, uguaglianza e giustizia racchiusi nella nostra Costituzione; vi è l’aspirazione ad un sistema di gestione della cosa pubblica capace di dare senso concreto al valore dello stare insieme, all’essere parte di una comunità nella quale nessuno sia lasciato indietro, al dovere di garantire lavoro e futuro ai giovani.

A quella domanda occorre rispondere dimostrando che il valore delle Istituzioni democratiche sta realmente nella loro naturale vocazione al bene collettivo; sta nel dare prova concreta che il libero confronto delle idee è l’unica via per garantire l’affermazione degli interessi comuni su quelli di parte; sta nell’effettiva attenzione ai bisogni delle fasce più deboli della popolazione; sta nella promozione di politiche che favoriscano una più equa distribuzione della ricchezza nazionale; sta nella garanzia di un serio impegno per la rimozione di privilegi e rendite di posizione che ostacolano la valorizzazione delle capacità e dei meriti di ciascuno; sta nella massima fermezza contro l’enorme zavorra di traffici illeciti, intrecci corruttivi, disonestà fiscale e l’insieme di inefficienze che l’economia criminale genera in ogni ambito del sistema pubblico, al Nord come al Sud; sta nella capacità di garantire l’effettiva integrazione di quanti hanno diritto all’accoglienza, conquistandoli ai valori della nostra democrazia, impegnandoli al rispetto dei doveri richiesti a chiunque si proponga di diventare cittadino italiano; sta, in sintesi, nell’impegno ad operare per un sistema più equo e coeso, unito dall’orgoglio per ciò che ci ha resi una grande Nazione e dalla fiducia nel futuro.

E’ un compito, questo, che chiama in causa la responsabilità di tutti: Istituzioni, forze politiche e sociali, cittadini. Soprattutto, è essenziale che quelli di noi cui sono attribuite funzioni pubbliche abbiano chiara consapevolezza del servizio da rendere ai cittadini.

La crescita di una comunità è strettamente legata alla qualità delle sue istituzioni, alla credibilità del loro impegno a favore della collettività, alla certezza dei tempi di risposta alle richieste di cittadini ed imprese, alla loro disponibilità a collaborare per la ricerca in ogni campo delle risposte più appropriate ai problemi del momento, alla loro corretta e leale azione di promozione dei diritti e di presidio contro ogni forma di illegalità. La qualità delle istituzioni si alimenta di buone leggi, di risorse organizzative e finanziarie adeguate ai compiti assegnati, di competenze rispondenti agli obiettivi da perseguire.

La qualità delle istituzioni esige sopra ogni cosa un costume pubblico e privato allenato al rispetto della verità, al rispetto di regole condivise, alla fiducia degli uni verso gli altri: un costume addestrato a chiedere a sé stesso di dare il meglio di sé, a svolgere il proprio compito con disciplina e onore, come impone la Costituzione, nella politica, nell’amministrazione, nell’economia, nella scuola, nella sanità. Ma occorre essere consapevoli che la qualità delle istituzioni viene anche da una cittadinanza pienamente consapevole dei diritti e dei doveri di ciascuno; una cittadinanza pronta a prendere le distanze da ogni forma di malcostume e malaffare.

Dare nuova linfa ai valori di lealtà e di solidarietà che ci hanno reso una grande Nazione, questa è la sfida ineludibile del tempo presente. E’ la stessa sfida che merita di essere raccolta e portata avanti con forza ed intelligenza nella dimensione europea, riconoscendo gli indubbi effetti positivi generati dal processo di integrazione e, al tempo stesso, l’esigenza, divenuta urgente, di un rinnovamento delle Istituzioni e delle politiche europee in chiave più democratica ed equa, più capace di contemperare gli interessi di tutti all’interno di un nuovo progetto condiviso che si proponga di garantire il benessere dei cittadini di ogni parte del continente.

L’Italia, al Nord come al Sud, possiede le risorse e le energie umane necessarie per dare nuovo slancio e vigore alla crescita del Paese, presupposto indispensabile per rispondere alle aspettative di occupazione dei giovani e delle donne, per il necessario sostegno delle categorie più svantaggiate, per la promozione dei diritti dei più deboli e, in definitiva, per l’affermazione di un rinnovato spirito di fiducia degli verso gli altri e verso le Istituzioni.

Sono le energie e le risorse che in questa terra, più che in altre, hanno fatto fiorire un esempio unico al mondo di dedizione collettiva al bene della comunità. Un modello di coesione sociale che si nutre dell’orgogliosa difesa degli antichi valori di solidarietà e partecipazione civica che da secoli caratterizza il sistema di vita di Siena come degli altri Comuni della provincia e che da sempre costituisce motivo di unanime ammirazione per la singolare, ineffabile armonia con cui la gente che abita questi luoghi vive con la storia, l’arte, la bellezza di un territorio che giustamente vanta il più alto numero di siti UNESCO a livello nazionale, con Siena, San Gimignano, Pienza e la Val d’Orcia.

Un patrimonio inestimabile di storia, arte e cultura tenuto insieme in un equilibrio perfetto dall’orgoglio per il proprio passato, dalla fiducia reciproca, dall’innata attitudine con cui Istituzioni e cittadini, ognuno per la propria parte, se ne prendono cura”.



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