Urne chiuse per il referendum abrogativo dell’8 e 9 giugno 2025. Nessuno dei 5 quesiti raggiunge la soglia del quorum e quindi tutto svanisce nel nulla. In provincia di Siena, l’affluenza definitiva si è fermata al 40,35% (dati riferiti al quesito referendario n.1), un dato che rispecchia in parte il trend regionale (Toscana al 39,1%, la più alta d’Italia) ma che conferma la disaffezione verso questo tipo di consultazione, anche visti i molti inviti a non recarsi alle urne.
Nel dettaglio, il capoluogo Siena si è attestato attorno al dato provinciale, con una partecipazione che ha raggiunto il 40,72%. Un dato che non sorprende e che riflette l’andamento generale del territorio, in ogni caso la città del Palio è quarta in graduatoria tra i capoluoghi toscani, dopo Firenze (47,06%), Pisa (45,74%) e Livorno (45,50%).
Le realtà più e meno partecipative
A distinguersi in positivo è stato ancora una volta il piccolo comune di Radicondoli, che si conferma virtuoso con un’affluenza al 52,62%, ben oltre la media nazionale, regionale e provinciale. Una dimostrazione di senso civico che si fa notare in un quadro complessivamente tiepido.
All’opposto, il comune di Radicofani si segnala come uno dei meno partecipativi della provincia, con un’affluenza ferma al 26,92%, facendo registrare il dato più basso del territorio senese.
I “grandi assenti” e i nodi politici
Deludono invece i numeri in due comuni politicamente simbolici: San Casciano dei Bagni, paese della presidente della Provincia Agnese Carletti, e Montalcino, città del senatore del Partito Democratico Silvio Franceschelli. Entrambi si sono attestati su livelli molto bassi, con affluenze rispettivamente attorno al 35,06% e 35,64%. Una partecipazione mediocre che stride con il peso politico dei loro rappresentanti istituzionali.
Una consultazione sottotono
Il referendum, articolato su cinque quesiti abrogativi in materia di lavoro e cittadinanza, non ha acceso l’interesse dell’elettorato senese. Le percentuali lo confermano: solo quattro elettori su dieci si sono recati alle urne, una soglia ben lontana dal quorum necessario (50%+1 degli elettori) per rendere valido il risultato.
Resta da capire quanto questa bassa partecipazione peserà sul piano politico, specie in territori dove il legame tra amministrazione locale e comunità dovrebbe, almeno sulla carta, incentivare una maggiore mobilitazione civica.