Torture a Ranza, Ministero parte civile, Morrone (Lega): "Misure severe anche per aggressioni contro agenti"

Il parlamentare della Lega Jacopo Morrone commenta la decisione del Ministero della Giustizia di chiedere di costituirsi parte civile nel processo che si sta svolgendo a Siena, dove cinque agenti della Polizia Penitenziaria del carcere di San Gimignano sono accusati del reato di tortura.

Di Redazione | 20 Maggio 2021 alle 17:59

Torture a Ranza, Ministero parte civile, Morrone (Lega): "Misure severe anche per aggressioni contro agenti"
“Non concordiamo con il garantismo a giorni alterni e il doppiopesismo. Siamo sempre dalla parte della giustizia giusta, nella consapevolezza che ci sono servitori dello Stato che tutelano l’osservanza delle leggi e le libertà di tutti pagando prezzi altissimi e lavorando in situazioni difficili e pericolose. Mi riferisco, in particolare, alla notizia che il Ministero della Giustizia ha chiesto di costituirsi parte civile nel processo che si sta svolgendo a Siena, dove cinque agenti della Polizia Penitenziaria del carcere di San Gimignano sono accusati del reato di tortura”. Così in una nota il parlamentare della Lega Jacopo Morrone.
“Abbiamo fiducia che la verità dei fatti emerga senza ombra di dubbio e che, nel caso vengano provate responsabilità oggettive, il verdetto sia equo. Tuttavia ci aspettiamo anche che il Ministero assuma iniziative severe e intransigenti anche quando sono gli agenti della Polizia Penitenziaria a essere aggrediti dai carcerati. Il doppio standard avrebbe un esito controproducente. Non sono infatti accettabili certe derive ideologiche sempre al fianco di chi delinque e dei rivoltosi nelle carceri e altrettanto pronte a mettere le divise sul banco degli imputati. A noi sta a cuore il benessere dei detenuti ma anche e soprattutto quello degli agenti. Continuiamo a sollecitare la riforma del Corpo della Polizia Penitenziaria che dovrebbe prevedere, tra l’altro, l’inserimento in ruolo di medici e psicologi anche con l’obiettivo di contrastare il tragico fenomeno dei suicidi tra gli operatori della Polizia Penitenziaria. Crediamo che sia necessaria un’ulteriore riflessione sulla norma relativa al reato di tortura per definire modalità operative d’intervento del personale di Polizia Penitenziaria. Si presenta, infatti, il rischio concreto che si possa utilizzare questo mezzo strumentalmente per intimidire e minacciare agenti che svolgono onestamente il proprio lavoro. Pur mantenendo saldo il principio che chi commette un reato deve essere sanzionato, non possiamo sottrarci dal dovere di garantire al personale della Polizia Penitenziaria l’appoggio e il sostegno dello Stato”.


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