Coronavirus, l'emergenza sanitaria nelle carceri

Sofia Ciuffoletti, garante dei detenuti di San Gimignano: "La situazione nelle carceri italiane è sottovalutata. Il rischio contagio è più alto"

Di Redazione | 12 Marzo 2020 alle 18:02

Coronavirus, l'emergenza sanitaria nelle carceri

Si parla di Coronavirus da mesi ormai, ma solo da qualche settimana si sono accesi i riflettori sulla situazione all’interno dei penitenziari. Ad attirare l’attenzione sono state le varie proteste dei detenuti, scoppiate a livello nazionale in seguito alle misure di contenimento del virus che hanno portato ad uno stop delle visite. L’emergenza sanitaria delle carceri italiane, però, prescinde dai disordini e secondo alcuni viene sottovalutata.

Se c’è una cosa che abbiamo imparato in questo periodo è che il Covid19 ha un’alta trasmissibilità, quindi pensiamo a come potrebbe diffondersi in un ambiente ristretto, dove è più difficile rispettare le norme igieniche, considerato che in una cella vivono tre persone, e che per quanto sia chiuso è pur sempre esposto all’esterno tra tutte le persone che ruotano intorno al sistema e che, entrando e uscendo, diventano possibili vettori.

 

Il rischio, ovviamente, è di tutti. Non solo detenuti, ma anche chi nelle carceri ci lavora.

Sofia Ciuffoletti, garante dei detenuti di San Gimignano in quanto direttrice de “L’altro diritto”, il centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità, spiega come solo ora i penitenziari italiani si stiano dotando di tensostrutture per il controllo degli accessi e come gli stessi disagi dell’esterno abbiano un peso diverso tra le quattro mura. “Mancano mascherine, guanti e igienizzanti – afferma – in un contesto in cui le persone sono ammassate le une sulle altre sono cose essenziali, forse di più che all’esterno dove ci si può rinchiudere in casa”.

“E’ un problema strutturale – continua poi Sofia Ciuffoletti – che si risolve con misure che devono essere prese e con una comunicazione adeguata, e devo dire che da questo punto di vista a San Gimignano si sono attivati con tempestività rispetto ad altre realtà, che dimostri a queste persone che noi pensiamo a loro e che lavoriamo per tutelare la loro salute. Dopotutto credo che pensare alla salute di chi sta in carcere significhi pensare alla salute pubblica”.

Teresa Scarcella



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