L'incredibile storia di Nidaa Badwan e della sua arte dall'esilio

Di Redazione | 23 Gennaio 2018 alle 14:38

L'incredibile storia di Nidaa Badwan e della sua arte dall'esilio

Alla Galleria Olmastroni l’esposizione che nasce da un esilio autoimposto dalla fotografa di cittadinanza palestinese per protesta al conflitto Fatah-Hamas

Venti mesi passati nella sua stanza per protesta, l’unico spazio dove poteva essere libera sia come artista che come donna. Ecco qual è la spinta artistica che ha portato nel 2013 la fotografa emiratina con cittadinanza palestinese di fama internazionale Nidaa Badwan alla creazione delle opere della sua mostra “Cento giorni di solitudine”, aperta al pubblico ieri alla Galleria “Cesare Olmastroni di Palazzo Patrizi a Siena.

L’esposizione è già stata presentata a Gerusalemme, Kolding, Berlino, New York , Miami,  Dubai, San Marino e, grazie alla collaborazione tra la Compagnia MOTUS, il Comune di Siena e l’Unicoop Firenze Sezione soci di Siena, arriva nella città toscana dopo essere passata per Ravenna e Forte dei Marmi.

Arrestata da miliziani di Hamas per un mancato uso del velo durante un’esibizione artistica ed in carcere otto giorni tra soprusi e violenza, Nidaa si rinchiuse nel novembre 2013 nella sua piccola e colorata camera da letto di soli nove metri quadrati ed iniziò a produrre degli splendidi autoritratti artistici, in cui i critici vedono caratteristiche degne di artisti quali Caravaggio, Chardin e David.

Questo esilio venne vissuto da Nidaa come una denuncia della condizione di isolamento e di mancanza di libertà che caratterizzano la vita quotidiana della popolazione, in particolare di quella femminile, all’interno di un territorio fortemente militarizzato, dove l’esercizio dei diritti individuali diventa una sfida che si rinnova ogni giorno, ed ha portato ad opere dall’impatto fortissimo sia sotto il profilo visivo che sotto quello concettuale.



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